Colombia: il movimento di massa sconfigge la riforma fiscale – Ora è il momento di cacciare Duque!

Dopo cinque giorni di proteste furiose in 23 città della Colombia contro il progetto di legge fiscale del Presidente Ivan Duque (un pacchetto di austerità per far pagare ai lavoratori le conseguenze della pandemia), il governo ha ritirato la sua proposta. Questa è una vittoria schiacciante per la classe operaia. Per cinque giorni, più di 50.000 manifestanti sono scesi nelle strade di Bogotà (questi sono numeri ufficiali e probabilmente sottostimati), con il resto della nazione che ha seguito il loro esempio, per protestare contro una legge che avrebbe sensibilmente peggiorato le loro condizioni di vita quotidiana.


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La capacità di mobilitazione e il sacrificio delle masse non possono essere sottovalutati. Nel mezzo della terza ondata della pandemia, centinaia di migliaia di lavoratori hanno rischiato la vita per far ritirare questo pacchetto di austerità. Non solo, si sono anche scontrati con la brutalità dell’ESMAD (la polizia antisommossa nazionale colombiana). Secondo l’ONG Temblores, si sono verificati più di 900 casi di violenza indiscriminata e 21 persone sono state uccise dalla polizia.

Dei video su Twitter mostrano ufficiali dell’ESMAD che festeggiano dopo ogni colpo sparato dai loro mezzi blindati contro le masse che protestavano. Il 30 aprile, quando è emersa la portata della repressione a Cali, sui social media sono circolate immagini di un uomo colpito alla testa che sanguinava in strada. Questo è ciò che la classe operaia ha dovuto affrontare e che ha clamorosamente sconfitto. Questa vittoria è stata ottenuta con il sacrificio e l’energia della classe operaia.

Il fatto che i titoli del debito colombiano siano considerati spazzatura nei mercati, a causa dell’enorme deficit fiscale del paese- pari al 9% del PIL – ha contribuito ad affossare il progetto di legge (che prevedeva, tra l’altro, l’imposizione dell’Iva al 19% su beni e servizi,compresi generi alimentari e benzina, la crescita delle tassazione su salari e pensioni, il congelamento per cinque anni dei salari degli impiegati pubblici, ndt). Infatti, la rivolta di massa ha reso probabile che il provvedimento non ottenesse i voti necessari al Congresso. La mancata approvazione della legge avrebbe potuto portare al declassamento del debito colombiano. Questo è stato un fattore che ha spinto Duque a ritirare la legge in modo che ne venisse redatta una nuova che potesse contare sul ‘consenso’ nel Congresso.

Questo pone il governo di fronte ad un bivio: Chi deve pagare per la crisi? Hanno cercato di fare in modo che a farlo fosse la classe operaia, attraverso le tasse e l’austerità, ma non ci sono riusciti. Tuttavia, continueranno a provarci perché non hanno altra alternativa.

Stiamo cominciando a vedere delle spaccature nella classe dominante su questa questione, con un settore che sostiene aumenti temporanei delle tasse per i ricchi. Ma come ha fatto notare Luis Carlos Reyes, direttore dell’Osservatorio Fiscale dell’Università Xavierana: «il presidente ha annunciato che il consenso tra i partiti e le lobby imprenditoriali include tasse temporanee su patrimoni, guadagni e imprese. Dobbiamo rimandare (ma non rinunciare) al trasferimento sui lavoratori e sui consumatori di quelle tasse che sono state tagliate per le imprese nel 2018». (Nostra enfasi)

Anche il tentativo del governo Duque di militarizzare le città dove ci sono state le proteste è stato considerato una provocazione dai sindaci. A Bogotá, Claudia López si è rifiutata di accettare la presenza dell’esercito, mentre esultava per la capacità della polizia di “mantenere la pace”. A Cali, il sindaco Jorge Iván Ospina ha chiesto a Duque di ritirare la legge fiscale, mentre allo stesso tempo usava l’arma della repressione contro i manifestanti e negava che qualcuno fosse stato ucciso.

È chiaro che la classe dominante non può più governare nel modo in cui lo ha fatto per anni: con la tattica della repressione e dello sfruttamento in nome dei profitti imperialisti. Il governo Duque ha dovuto ammettere apertamente che non poteva attuare questa legge fiscale. Persino la borghesia internazionale non vedeva una strada da seguire per la classe dominante colombiana finché insisteva su questo punto. Continuare su questa strada, con la classe operaia che imparava rapidamente a lottare ed a vincere, sarebbe stata pura follia. In queste circostanze era imperativo che il governo offrisse una concessione per allontanare le masse dalle strade.

È significativo però che lo slogan principale delle proteste di oggi è stato #ElParoNoPara (Lo sciopero non si ferma). Questo è uno slogan corretto, che rivela l’ambiente fra le masse. Una vittoria come questa dovrebbe servire a rafforzare la determinazione del movimento a continuare ad andare avanti sviluppando altre rivendicazioni.

Il governo di Iván Duque ha mostrato il suo vero volto negli ultimi due anni. È il governo di Álvaro Uribe Vélez, con tutta la crudeltà che caratterizza l’ex presidente, conosciuto come El Matarife (Il Macellaio). La gestione della pandemia da parte di Duque, con la cosiddetta ‘riapertura intelligente’ e questa recente legge fiscale, sono politiche dettate da un’élite abituata ad avere la meglio con i suoi fucili e il nostro sangue. Oggi hanno ricevuto una risposta con un fragoroso “no!”.

Dobbiamo condurre lo slogan “Lo sciopero non si ferma” alla sua conclusione naturale: Cacciare Duque. È chiaro che questo governo non ha altra opzione che attuare misure di austerità per soddisfare la borghesia internazionale. Ad esempio la prossima mossa dell’esecutivo sarà probabilmente l’attuazione della Legge 010. Si tratta di un tentativo di ridurre il numero delle compagnie di assicurazione sanitaria a dieci, monopolizzando di fatto il settore sanitario, il che porterà alle peggiori forme di barbarie in nome del “contrasto alle inefficienze”. È chiaro che finché questo governo non sarà rovesciato, cercherà sempre nuovi modi per attaccare la classe lavoratrice.

In tutto questo la miopia dei leader sindacali è degna di nota. I sindacati che hanno indetto lo sciopero (CUT, la Centrale sindacale nazionale e FECODE, il sindacato degli insegnanti), dopo il primo giorno di proteste il 28 aprile hanno invitato tutti a tornare a casa, usando la pandemia come una scusa. Il Primo Maggio hanno indetto una protesta online, ma le masse sono rimaste in strada. Negli ultimi quattro giorni, gli uomini e le donne in strada non erano certo i leader sindacali, che sono stati spinti a convocare lo sciopero nazionale sotto la pressione dal basso della loro base.

I manifestanti in piazza erano lavoratori, non disposti a piegarsi di fronte all’ingiustizia, e i giovani che si sono radicalizzati attraverso anni di governi repressivi. Vale anche la pena menzionare che i riformisti come Gustavo Petro (ex sindaco di Bogità e candidato sconfitto alla presidenza) sono stati in silenzio dal 28 aprile fino al giorno in cui la legge è stata ritirata. L’attuale sindaco di Bogotà, Claudia López, ha invece lodato i suoi poliziotti per aver protetto le strade della città.

La storia colombiana ha assistito a pochi momenti come questi, in cui le masse hanno sfidato apertamente un governo e hanno vinto. Le masse stanno correttamente imparando quanto grande sia la loro forza. Questa è una vittoria per tutti coloro che sono scesi in piazza e per coloro che li hanno sostenuti ma non hanno potuto essere lì a causa dei rischi della pandemia.

Questo periodo ha visto l’organizzazione di comitati di lotta di quartiere sulla falsariga di quelli visti durante lo sciopero generale del novembre 2019. Dobbiamo sviluppare questo aspetto per continuare lo sciopero e la lotta: dobbiamo rivendicare la fine del governo di Duque e proporre la costruzione necessaria di un partito operaio indipendente che possa collegare le diverse lotte. Con l’obiettivo generale di rovesciare la classe dominante che si cela dietro questa repressione e questi attacchi.

Come Colombia Marxista, celebriamo questa vittoria come la clamorosa smentita del mito che circola sulle masse del nostro paese: che sono un’incarnazione della passività e non si ribelleranno mai. Il potenziale della nostra classe operaia è stato dimostrato. Il nostro compito è chiaro: dobbiamo portare le idee del marxismo in un movimento che ha chiaramente la forza per tradurle in pratica e allo stesso tempo contribuire con tutte le nostre energie alla causa, affinché venga sferrato il colpo di grazia a questo governo assassino.

Dobbiamo anche chiederci: cosa succederà dopo? Non dobbiamo permettere che il rovesciamento di Duque significhi la sua sostituzione con un altro rappresentante dell’oligarchia. È necessario un governo socialista, in cui la classe operaia diriga la società e prenda le redini del proprio destino. Noi non lottiamo perché i governi funzionino, ma perché i lavoratori governino.

VIA IL GOVERNO DUQUE-URIBE E LA CLASSE CHE RAPPRESENTA!

LO SCIOPERO NON SI FERMA!

NO ALL’AUSTERITÀ!

PER UN PARTITO DEI LAVORATORI!