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Ecuador: rivolta operaio-contadina, il governo fugge dalla capitale

Il movimento in Ecuador contro il pacchetto di austerità (paquetazo) di Lenín Moreno ispirato dal Fondo Monetario Internazionale, iniziato il 2 ottobre, ha raggiunto proporzioni insurrezionali. Lo stato di emergenza dichiarato giovedì scorso e l’uso della polizia e dell’esercito (lasciando un morto, decine di feriti e provocando centinaia di arresti) non hanno fermato il movimento di lavoratori, giovani e contadini.

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In alcune province, gli edifici governativi sono stati assaltati e la potente organizzazione indigena CONAIE ha dichiarato il proprio “stato di emergenza”. Ieri, il 7 ottobre, di fronte all’arrivo delle colonne indigene nella capitale Quito, Lenín Moreno è stato costretto a evacuare il palazzo presidenziale e trasferire la sede del governo a Guayaquil. Lavoratori e contadini si stanno preparando per uno sciopero generale per il 9 ottobre. Il governo è appeso a un filo.

Ciò che è iniziato come una protesta contro il pacchetto del governo del FMI si è trasformato in un’insurrezione nazionale. L’annuncio da parte del governo di un accordo con gli operatori dei trasporti era una dichiarazione vuota. Negli ultimi giorni, abbiamo visto lo stato perdere parzialmente il controllo della situazione. La brutale repressione da parte della polizia e, dopo la dichiarazione dello stato di emergenza, anche dell’esercito, lungi dall’arrestare le proteste, è servita a versare benzina sulle fiamme della ribellione.

Il governo è costretto a fare marcia indietro

Ogni movimento autenticamente rivoluzionario tende a dividere l’apparato statale secondo linee di classe, e in Ecuador stiamo iniziando a vedere esempi di ciò negli ultimi giorni. In primo luogo, la dichiarazione dello “stato di emergenza” da parte della CONAIE è una sfida diretta al potere dello stato e al suo monopolio sulla violenza. La CONAIE ha annunciato che né la polizia né l’esercito erano i benvenuti nelle loro comunità e che se fossero entrati sarebbero stati arrestati. E così è successo in almeno tre casi.

A Otavalo, nella provincia di Imababura, a nord di Quito, la comunità ha arrestato venerdì 10 poliziotti del gruppo di intervento e salvataggio, che non sono stati rilasciati fino al giorno successivo, dopo i negoziati. Nel cantone di Nizag, Alausí, provincia di Chimborazo, a est di Guayaquil, la comunità ha catturato 47 soldati della brigata di cavalleria corazzata Galapagos e 10 agenti di polizia, per aver lanciato gas lacrimogeni contro la popolazione. Sono stati alla fine rilasciati e portati in salvo in elicottero lunedì. Anche a Latacunga, nella provincia di Cotopaxi, a sud di Quito, l’Unione delle Comunità Indigene e Contadine di Cotopaxi ha trattenuto un gruppo di agenti di polizia e militari domenica, mentre cercavano di arrestare alcuni giovani manifestanti.

In altre città, la polizia e l’esercito si sono ritirati, incapaci di rimuovere i blocchi stradali. Ci sono immagini di forze du polizia inviate per reprimere il movimento che sono finiti a scortare le colonne contadine indigene che stanno avanzando per convergere nella capitale Quito. Molti soldati semplici tra le fila devono simpatizzare con le proteste dei loro fratelli, mogli e madri. Altri avranno deciso che non era il caso di essere presi di mira per difendere questo governo. Questi sono ancora casi isolati, ma sono comunque molto significativi.

Domenica sera, Lenín Moreno ha fatto un appello al dialogo con i “nostri fratelli indigeni”, usando un tono molto diverso da quello che ha usato quando ha dichiarato lo stato di emergenza giovedì notte. Quindi, ha parlato del fatto che i suoi provvedimenti non erano negoziabili e ha minacciato i manifestanti che “ci sarebbero state conseguenze” per le loro azioni. “La violenza e il caos non vinceranno. Non mi arrendo perché la giustizia non conosce sfumature “, ha detto. Ora, sopraffatto dagli eventi, è stato costretto a offrire un “dialogo sincero”. Troppo tardi. Lo slogan del movimento all’inizio era “o cade il pacchetto, o cade il governo”. Ora si tratta di far cadere il governo per far cadere il pacchetto.

La giornata di lunedì era iniziata con il governo paralizzato che aveva perso il controllo della situazione. All’alba, i veicoli blindati trasportavano truppe con berretti rossi per proteggere il palazzo presidenziale. Il leader della CONAIE Jaime Vargas ha risposto all’offerta di negoziati, dicendo che avevano interrotto il dialogo con il governo repressivo e che stavano andando nella capitale. Le colonne indigene in tutto il paese stavano già marciando verso Quito e nulla poteva fermarle. In tutte le strade di accesso a Quito, ci sono state battaglie e scontri tra i manifestanti da una parte e la polizia e l’esercito dall’altra. Non potevano fermare il popolo in azione:

Nei giorni scorsi ci sono stati saccheggi in diverse città e durante le manifestazioni di lunedì nella capitale ci sono stati atti di vandalismo. Il CONAIE ha risposto che si trattava del lavoro di infiltrati provocatori e che avrebbero usato la guardia indigena per proteggere le manifestazioni.

Le colonne operaio-contadine della capitale stavano rompendo tutti gli ostacoli sul loro cammino e avanzando verso il palazzo Carondelet,sotto il controllo dell’esercito. Un gruppo di manifestanti ha cercato di impadronirsi dell’edificio dell’Assemblea nazionale. Alla fine, il governo ha dovuto sospendere la conferenza stampa annunciata ed evacuare i giornalisti dal palazzo presidenziale. In un discorso televisivo, affiancato dal vicepresidente, dal ministro della Difesa e dai generali dell’esercito, Lenín Moreno ha annunciato che avrebbe trasferito il quartier generale del governo a Guayaquil. Il potere esecutivo è fuggito terrorizzato dall’offensiva di lavoratori, contadini e studenti, ed è stato costretto a lasciare la capitale del paese!

Nel suo discorso, Lenín Moreno ha usato un vecchio trucco nel tentativo di screditare la protesta dicendo che si trattava di un complotto del presidente venezuelano Maduro e dell’ex presidente ecuadoriano Correa. Una dichiarazione doppiamente ridicola, perché ovviamente sono stati il FMI e lo stesso Moreno a progettare il pacchetto di riforme anti-popolari, e d’altra parte le principali organizzazioni coinvolte nella mobilitazione sono state a lungo contrarie a Correa. Le accuse di Moreno sono un ultimo, disperato tentativo di togliere legittimità alla protesta. In effetti, il pacchetto di ottobre è stato solo la scintilla che ha innescato una rivolta nazionale, il carburante della stessa si era accumulato durante due anni di attacchi e misure anti-operaie da parte del governo Moreno.

Costruire il movimento! Abbattere il governo!

Il movimento ha fatto importanti passi avanti. Gran parte del paese è paralizzato da blocchi stradali. Gli indigeni sono passati dal bloccare le strade alla marcia verso Quito. Il potere dello Stato è stato parzialmente messo in discussione. La rivolta ha costretto il governo a fuggire dalla capitale. L’Assemblea Nazionale ha sospeso le sue sessioni. Tuttavia, la vittoria non è stata ancora raggiunta. Il governo è ancora al potere, il pacchetto non è stato ritirato.

La CONAIE ha dichiarato un’Assemblea Popolare a Quito; e per domani, una coalizione di organizzazioni di lavoratori, contadini e studenti ha organizzato uno sciopero generale in tutto il paese.

Dall’altro lato, l’oligarchia e l’imperialismo stanno riorganizzando le loro forze. Il sindaco di Guayaquil, Nebot, che inizialmente ha criticato ipocritamente le misure di Moreno, ha oggi chiesto “l’unità per difendere la democrazia, la pace, la libertà, le città, le famiglie e le proprietà”. Ciò che Nebot, un rappresentante della rancida oligarchia ecuadoriana e leader del Partito Cristiano Sociale, borghese, è interessato a difendere – sotto il mantello della “democrazia” e della “pace” – è soprattutto la “proprietà”, cioè la proprietà borghese. Anche gli Stati Uniti sono accorsi per sostenere il loro burattino ecuadoriano con una dichiarazione che denuncia “la violenza come forma di protesta.” La stampa dell’oligarchia mente e manipola il carattere del movimento.

L’alleanza tra contadini e lavoratori dell’industria in Ecuador in passato ha abbattuto almeno due governi che hanno applicato pacchetti di austerità: quello di Bucarám nel 1997 e di Mahuad nel 2000. La possibilità di poter ripetere questo risultato è implicito nella situazione. Tuttavia, è anche importante imparare dalle lezioni di quegli eventi. In entrambi i casi il movimento rivoluzionario delle masse ha rovesciato il governo borghese, ma non è riuscito a prendere il potere nelle proprie mani. Di conseguenza, un altro governo borghese ha assunto il potere e quando il movimento di massa è rifluito, ha applicato le stesse politiche contro i lavoratori.

La conclusione da trarre è la seguente: è necessario abbattere il governo di Lenín Moreno per rovesciare il suo pacchetto di controriforme. Ma questo non è abbastanza. Il pacchetto non è il risultato di “pura corruzione e inettitudine”, come afferma Correa. È il risultato dell’impatto della crisi del capitalismo in Ecuador: la cui economia è soggetta all’imperialismo e alle esportazioni. I lavoratori e i contadini devono prendere il potere nelle proprie mani, in modo che le risorse del paese vengano utilizzate a beneficio della maggioranza della popolazione. Non basta rovesciare il governo, è necessario strappare il potere politico dall’oligarchia pro-imperialista ed espropriare il suo potere economico.

23.02.1917
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16.04.1917
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Lenin returns to Russia and presents his ‘April Theses’ denouncing the Bourgeois Provisional Government and calling for “All Power to the Soviets!”
18.06.1917
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Following the First All-Russian Congress of Soviets, the reformist leaders called a demonstration to show the strength of "democracy". 400,000 people attended, the vast majority carried banners with Bolshevik slogans.
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