La Rivoluzione iraniana del 1979

Italian translation of The Iranian Revolution (February 9, 1979)

In questi giorni ricorre il trentesimo anniversario della rivoluzione che abbatté lo Shah in Iran e portò successivamente alla instaurazione della Repubblica islamica. Il marxista britannico Ted Grant analizzava nel fuoco degli avvenimenti le caratteristiche più salienti di quel movimento insurrezionale.

Al di là di alcune prospettive sviluppate nell'articolo e poi non avveratesi, Ted Grant all'epoca sottolineò l'elemento più importante della rivoluzione del 1979: il suo carattere proletario, in seguito offuscato dalla controrivoluzione khomeinista a causa dei limiti della direzione del movimento operaio.

Prima parte

La scorsa settimana in una delle manifestazioni più grandi della storia dell’umanità più di 3 milioni di iraniani sono scesi nelle strade di Teheran per salutare il ritorno del leader religioso Ayatollah Khomeini. La scorsa settimana ci sono state barricate e i lavoratori si sono scontrati con l’esercito. In una scena che ha ricordato la rivoluzione del febbraio 1917, soldati che avrebbero dovuto sostenere il vecchio regime solidarizzavano con la folla e gridavano “Siamo dalla parte del popolo!”.

L’Iran è un Paese nel vortice della rivoluzione. Le forze che stanno combattendo sono, da una parte, quelle della monarchia autoritaria, sostenuti dalla classe dei capitalisti e dei latifondisti,  difesi da esercito e polizia. A fronteggiarli c’è la classe lavoratrice e la classe media che guarda al clero musulmano, in particolare all’ Ayatollah Khomeini, in esilio a Parigi. L’ analisi che segue si sforza di far vedere la vera situazione che c’è in Iran e le principali direzioni che la rivoluzione può prendere. La rivoluzione ha avuto effettivamente inizio un anno fa con le manifestazioni contro lo Shah e la sua odiata polizia segreta SAVAK.

Un sistema totalitario può mantenersi in piedi soltanto per mezzo del terrore e di una rete di informatori mentre le massi rimangono inerti. Ma una volta che le masse entrano in azione contro il regime, è l’inizio della fine. Diventa chiaro che la mostruosa polizia segreta è impotente di fronte al movimento delle masse.

La pressione dal basso genera una divisione nella classe dominante. Temendo di essere rovesciati, tentano di introdurre riforme dall’alto per evitare una rivoluzione dal basso. Così il pentimento dello Shah sul letto di morte e il suo tardivo annuncio di riforme, in particolare la creazione di un “Parlamento” che rimaneva comunque ancora subordinato alla monarchia.

Queste riforme hanno comunque aperto la strada per il rovesciamento del regime dello Shah. Hanno preparato la strada per l’ingresso nel palcoscenico della storia della classe operaia, insieme ai vari settori della classe media.

La dinastia regnante dei Pahlavi è stata costretta ad una fuga ingloriosa via aereo dall’Iran. Questo si è verificato nonostante la resistenza da parte dell’ imperialismo, in particolare quello statunitense. Callaghan e Owen (rispettivamente Primo ministro e ministro degli Esteri britannici all’epoca) hanno vergognosamente denigrato il movimento operaio rivelandosi pubblicamente a favore dello Shah. I loro tentativi frenetici di sostenere il barcollante regime iraniano sono falliti.

Il petrolio naturalmente è stato l’elemento chiave per determinare l’atteggiamento dell’imperialismo statunitense e britannico che in Iran hanno enormi investimenti. L’Iran è il secondo maggiore esportatore di petrolio al mondo,  preceduto solo dall’Arabia Saudita. Questo petrolio è di vitale importanza per gli stati capitalisti occidentali ed è uno degli elementi che determinano le politiche di Stati Uniti e Gran Bretagna in relazione all’ Iran.

L’Iran il quarto più grande produttore di petrolio. Nel 1976 l’ Iran ha prodotto 295 milioni di tonnellate (un decimo della produzione mondiale), l’ Unione Sovietica 525 milioni (17,6% della produzione mondiale), gli Stati Uniti 414 milioni (13,8%) e l’ Arabia Saudita circa 422 milioni.

La transizione

Il dominio dello Shah che durava dal 1953 ha fatto dell’Iran un Paese in transizione. L’Iran è diventato un Paese semi-coloniale, per metà industrializzato e per  metà coloniale. Mentre ancora si trovava sotto il dominio dell’imperialismo anglo-americano, ha cercato di trovare una propria strada imperialista. Per esempio nel Golfo Persico, seguendo il ritiro dell’imperialismo inglese da quest’area del mondo, l’ Iran si è impossessato di due isole ed ha tentato di agire da poliziotto verso gli stati dell’area del golfo.

Lo Shah ha tenuto in vita il proprio regime perfezionando uno strumento uno strumento di terrore e repressione come il SAVAK, la polizia segreta. Il miglior termine di paragone è la Gestapo con le sue torture diaboliche, gli omicidi, le fucilazioni e per gli orrori che ha imposto al popolo iraniano.

Allo stesso tempo, in un tentativo di fare dell’Iran una delle potenze più grandi del mondo lo Shah ha intrapreso l’industrializzazione dell’ Iran ad una velocità vertiginosa. Questo è accaduto soprattutto dopo il 1973 quando il prezzo del petrolio è quadruplicato fornendo allo Shah una quantità enorme di profitti da investire.

Lo Shah cercava di giocare il ruolo di monarca assoluto nel senso antico del regime iraniano. Nel contempo tentava di modernizzare l’economia del Paese. Per guadagnarsi una base ha introdotto delle riforme agrarie. Queste riforme agrarie hanno arricchito la nobiltà, i proprietari terrieri assenteisti che dominavano l’ Iran. Hanno ricevuto enormi ricchezze come compensazione, che avrebbero potuto reinvestire nell’industria. L’idea era quella di trasformare la nobiltà in una classe capitalista, una classe dominante sul modello occidentale.

La vera ragione dietro la riforma agraria era di mandare via i braccianti dalle campagne per fornire lavoratori all’ industria. Come l’Economist ha commentato “Al posto dei villaggi agricoli a base familiare (lo shah) permise al suo precedente primo ministro Hovieda di introdurre aziende agricole che dividevano i contadini, minando l'intero spirito della riforma agraria”.

La massiccia industrializzazione iniziata sotto lo Shah ha spiazzato del tutto coloro che affermano o aspirano di guidare i lavoratori iraniani. Questo è vero soprattutto per il Partito Comunista (detto il Tudeh). Per tutto il “regno” di Stalin il Tudeh si è comportato come se fosse morto. Non ha avanzato nessuna politica indipendente.  Ciò si spiega a causa della politica estera della burocrazia  russa. Il Partito del Tudeh è in larga misura dominato dalla burocrazia russa.

La burocrazia russa non voleva nessun conflitto in Iran con l’imperialismo statunitense per la grande importanza dell’ Iran come produttore di petrolio. Già da molto tempo la burocrazia staliniana ha rinunciato ad ogni progetto di sviluppo rivoluzionario che potrebbe minacciare direttamente gli interessi vitali dell’imperialismo, in specialmente di quello americano, la maggiore potenza mondiale, a causa dell’inevitabile peggioramento delle relazioni fra Stati Uniti e Unione Sovietica che si verificherebbe in tali circostanze.

I giornali reazionari

La “stampa reazionaria” in Gran Bretagna ha sbagliato nell’ affermare che questi eventi erano dovuti all’intervento sovversivo della burocrazia russa, dell’Unione Sovietica e del Partito Comunista.

Al contrario, la burocrazia russa ha tentato di aiutare lo Shah. Si è imbarcata in un commercio lucrativo con lo Shah, ha organizzato l’esportazione di enormi quantità di gas naturale dall’Iran all’ Unione Sovietica e in generale ha cercato di mantenere relazioni amichevoli con lo Shah. Hanno visto negativamente gli sviluppi rivoluzionari in un paese in via di sviluppo, soprattutto uno con un’ampia classe lavoratrice che mostrava una radicalizzazione rivoluzionaria nel corso di questi eventi.

I rapporti di forza modificatisi in questi ultimi anni hanno determinato l’accumularsi di un potere immenso nelle mani della burocrazia sovietica, mentre l’imperialismo americano ne esce indebolito.  Benchè impreparata ad agire, la burocrazia sovietica metteva in guardia contro ogni possibile intervento dell’imperialismo americano nel cuore degli affari iraniani. Mettevano in evidenza che questo avrebbe provocato una risposta immediata da parte dell’Unione Sovietica, che avrebbe spedito truppe in Iran.

I diplomatici americani hanno dato ascolto a questo avvertimento della burocrazia sovietica. I vertici del Pentagono hanno suggerito di inviare nel Golfo Persico portaerei e navi cariche di Marines allo scopo di intervenire contro la Rivoluzione Iraniana. Questa ipotesi ha visto l’opposizione del Dipartimento di Stato, che ha capito, che ha capito le possibili ripercussioni che avrebbe avuto nei Paesi coloniali di tutto il mondo, e ovviamente le ripercussioni in Unione Sovietica e in Iran.

Ciò dimostra il potere in declino dell’imperialismo. L’imperialismo americano non ha esitato ad intervenire in Vietnam, in Libano, o nella Repubblica Dominicana. Adesso a causa di fattori interni e internazionali gli imperialisti americani non possono intervenire direttamente nelle vicende dell’Iran.

In questo quadro la preoccupazione principale del Partito Comunista è stata quella di cavalcare la reazione religiosa e gli Ayatollah che rivendicavano l’istituzione di una qualche sorta di “Repubblica Democratica Musulmana”.

Ma non è stato soltanto il Partito Comunista Iraniano ad avere una reazione debole durante i recenti avvenimenti. Anche le sette dell’ultra-sinistra hanno giocato, come al solito, un ruolo negativo. Alcuni di loro hanno dato sostegno e hanno guardato con simpatia agli studenti “rivoluzionari” in Iran.

Gli studenti

Tuttavia gli studenti rivoluzionari in Iran non sono stati diretti nè verso la classe lavoratrice, o alla formulazione di un programma per la classe lavoratrice, ma al contrario sono stati orientati dai settari al metodo del terrorismo individuale. Come sempre accade con questi gruppi settari, consideravano la classe lavoratrice impotente, ignorante, analfabeta, e del tutto incapaci di cambiare i rapporti di forza esistenti in Iran. Le loro convinzioni erano rafforzate dal fatto che la classe lavoratrice era completamente disorganizzata prima dei recenti avvenimenti.

L’argomento delle sette e di chi sosteneva il terrorismo individuale era che lo Shah stava industrializzando (l’ Iran, NdT) e che aveva il coltello dalla parte del manico. Lo Shah aveva aumentato il tenore di vita della classe operaia, aveva fatto grandi concessioni alla classe lavoratrice ed anche ai contadini. Questo a sua volta aveva portato alla stabilizzazione del regime. Le sette hanno sostenuto che lo Shah avrebbe potuto rimanere al suo posto per decenni grazie alla “Rivoluzione Bianca” e allo sviluppo dell’industria. A proposito: questa idea è stata fatta propria anche dagli imperialisti. Per esempio la CIA ha pubblicato un rapporto nel settembre 1978 dove si affermava che lo Shah godeva di un regime stabile e sarebbe rimasto al potere per almeno 10-15 anni!

La vera tragedia per l’Iran è che non c’è un gruppo marxista nè fra gli studenti nè nella classe lavoratrice che possa prepararli a questi grandi avvenimenti, come Lenin e i bolscevichi avevano fatto in Russia.

Le sette di corte vedute riuscivano a vedere solo oscurità e rovina nel grande sviluppo dell’ industria. Il Militant (il periodico dei marxisti in Gran Bretagna all’epoca, ndt) dall’altro lato dichiarava che lo sviluppo dell’industria avrebbe rafforzato enormemente anche la classe lavoratrice, una sviluppo che in tempi recenti si è visto in Gran Bretagna, in Spagna, negli Stati Uniti, in Giappone e nella Germania Occidentale.

Gli scioperi di massa sono un segnale eloquente del riseveglio e della forza dei lavoratori.

Le torture indescrivibili, la mancanza di libertà e di diritti, le umiliazioni sofferte dalle masse e in particolare dalla classe lavoratrice iraniana hanno provocato un movimento implacabile delle masse. All’apparenza lo Shah volava alto, e questo era l’unica cosa che i radicali in Iran riuscivano a vedere.

Dopo tutto questo succedeva tra i sei e gli otto mesi fa, quando lo Shah consigliava i governanti in Gran Bretagna su come trattare gli scioperi, e parlava dell’ “instabilità permanente delle istituzioni democratiche in Gran Bretagna”.

La vecchia talpa della rivoluzione, comunque, stava scavando sotto la superficie dell’apparente calma totalitaria che esisteva in Iran.

Negli ultimi anni, infatti, ci sono stati numerosi segnali della crisi del regime. A causa del divieto di qualunque organizzazione tranne il Partito dello Shah, l’opposizione tendeva riunirsi nelle moschee. Questo è vero soprattutto per i contadini, la classe media, e perfino per i commercianti che si opponevano al regime dello Shah.

A causa degli errori del Partito Comunista e dei radicali, perfino nel tentativo di organizzare l’opposizione all’ interno della classe lavoratrice, lo scontento è emerso dentro le moschee. Si pronunciavano sermoni radicaleggianti, che le masse interpretavano a modo loro anche se i contenuti erano vaghi.

Lo Shah ha tolto alla gerarchia religiosa i suoi possiedimenti terrieri. Questo non è andato a vantaggio dei contadini ma solo della nobiltà. Questo vuol dire che gli Ayatollah, o “uomini sacri”, i principali rappresentanti del clero mussulmano in Iran, sono stati spinti all’opposizione al regime.

Le masse hanno interpretato i sermoni dei mullah come realmente a favore di una lotta contro il regime totalitario e autoritario dello Shah. I mullah hanno avanzato la richiesta di reintrodurre la costituzione del 1906.

Bisogna ricordare che in Iran circa due terzi della popolazione è ancora analfabeta. Questo è un lascito della corruzione del vecchio regime dei latifondisti e della nobiltà.

Le manifestazioni

Tra l’ottobre del 1977 e il febbraio del 1978 ci sono state manifestazioni illegali molto partecipate che rivendicavano diritti democratici. Successivamente verso la fine del 1978 ci sono stati grandi movimenti studenteschi, dei commercianti e ora anche della classe lavoratrice. Usando i giorni delle feste religiose come pretesto, manifestazioni con migliaia di partecipanti hanno iniziato ad avere luogo. La repressione da parte delle forze dello Shah, dell’esercito e della polizia, non hanno fatto altro che esasperare la popolazione ed hanno prodotto movimenti ancora più partecipati a Teheran e nelle altre città iraniane.

Mentre la lotta avanzava, è stato il movimento della classe lavoratrice, come in Russia, a fungere da ariete per risvegliare la popolazione. Nella prima rivoluzione russa del 1905, la rivoluzione ebbe inizio con la manifestazione capeggiata da un prete, padre Gapon, che chiedeva concessioni e domandava allo Zar, il “Piccolo padre”, di sistemare le cose. Questo provocò gli spari dell’esercito sulla folla; ci furono centinaia di morti e migliaia di feriti e diede il via alla Rivoluzione Russa del 1905.  Allo steso modo è iniziata la rivoluzione in Iran.

Comunque ci sono differenze importanti fra la Russia del 1905 e l’attuale movimento in Iran. La rivoluzione iraniana è iniziata con un livello di coscienza delle masse molto più alto. Il popolo non ha fatto delle richieste al “Padre” lo Shah, ma al contrario ha domandato la fine della monarchia. I loro slogan erano “Abbasso lo Shah” e “Morte allo Shah”.

La classe lavoratrice iraniana rappresenta una percentuale della popolazione molto più ampia della classe lavoratrice russa prima della rivoluzione del 1917. Ci sono due milioni di lavoratori iraniani solamente nel settore manifatturiero, altri 750.000 nei trasporti, e così in altre industrie. In aggiunta questo settori di classe media vicini alla classe lavoratrice nel commercio, nella pubblica amministrazione, nella ristorazione, e in piccole imprese con quele caratteristiche.

La maggior parte dell’industria manifatturiera in Iran è di piccole dimensioni, ma cionostante ci sono grandi monopoli che già dominano la scena. Alcuni danno lavoro a centinaia, migliaia e perfino decine di migliaia di lavoratori. In Russia la classe lavoratrice contava 4 milioni di persone, su una popolazione di oltre 150 milioni di persone. In Iran la classe lavoratrice conta fra i 3 e i 4 milioni di componenti su una popolazione di circa 35 milioni di persone.

In altri termini la relazione tra forze nella classe lavoratrice, in termini numerici, è addirittura più favorevole in Iran che nella Russia del 1905 o del 1917.

I lavoratori

D’altra parte però in Russia c’erano il Partito Bolscevico e i suoi quadri, ed una certa coscienza socialista, almeno nei settori più avanzati della classe lavoratrice.

Il ruolo della classe lavoratrice nella produzione comporta inevitabilmente lo sviluppo di una coscienza collettiva, sia nella fase del lavoro, che nella fase della lotta di classe contro gli oppressori. Questo è il motivo per cui solo la classe lavoratrice può cambiare la società.

Soprattutto il movimento dei lavoratori petroliferi, la cosiddetta aristocrazia operaia, ha giocato un ruolo decisivo nel minare le basi del regime. Negli ultimi due mesi ci sono stati periodicamente scioperi nel settore del petrolio. Nonostante la repressione dell’ esercito, l’arresto e la fucilazione di molti leader, i lavoratori petroliferi non si sono tirati indietro e si sono rifiutati di produrre petrolio per l’odiato regime fino a quando lo Shah non se n’è andato. Ancora una volta le masse, compresa la classe media, sono scese in piazza.

La SAVAK

I lavoratori della Pubblica Amministrazione e del settore bancario hanno giocato un ruolo chiave nell’affossare il regime, come successo in Portogallo. Il loro sciopero ha paralizzato le finanze del Paese.  Particolarmente efficace è stato lo sciopero della Banca Centrale. Ciò è avvenuto dopo l’incendio di 400 sportelli bancari da parte delle masse inferocite.

Gli impiegati di banca, quando sono scesi in sciopero, hanno reso noto che negli ultimi tre mesi un miliardo di sterline era stato fatto sparire all’estero da parte di 178 esponenti della classe dominante, compresi i parenti dello Shah. Ora, in preparazione dell’esilio e dopo aver spedito all’estero la sua famiglia, lo Shah ha trasferito un miliardo di sterline nelle banche americane. Questo si aggiunge al miliardo, o più, di sterline che è già stato spostato nelle banche a Bonn, in Svizzera e in altre parti del mondo. Il Ministero del Tesoro iraniano è stato saccheggiato dall’oligarchia.

La rivoluzione ha coinvolto ampi strati della popolazione con l’eccezione di un pugno di capitalisti, dei latifondisti, dei sostenitori della monarchia e della gran parte degli ufficiali dell’ esercito. I commercianti e i piccoli negozianti sono stati rovinati dallo sviluppo del moderno capitalismo in Iran. Questo ha fomentato il loro odio nei confronti del monarca assoluto che vedevano come causa delle loro disgrazie. In centinaia sono stati uccisi come risultato della repressione da parte delle forze dello Stato, della polizia, della SAVAK e dell’esercito. In ogni città iraniana dove si sono svolte manifestazioni, la polizia ha sparato sui manifestanti, e ci sono stati tentativi di organizzare le forze reazionarie contro la classe lavoratrice e il popolo.

In molte delle città più piccole ci sono stati attacchi fascisti,  da parte dell’ esercito e della polizia insieme a delinquenti scelti per l’occasione, come i Cento Neri in Russia prima della Rivoluzione. Sono stati usati per compiere agguati e stupri, per terrorizzare gli abitanti dei villaggi e la classe lavoratrice nelle piccole città dell’Iran. È certo che se fossero rimasti impuniti, simili metodi sarebbero stati usati anche nelle grandi città.

Lo Shah, con l’obiettivo di lasciare un ricordo ed una reputazione  favorevole, ha devoluto la somma miserabile (per lui) di 25 miliardi di sterline ad una fondazione per opere di beneficenza. Ma naturalmente, abituato ai comfort della vita che conduceva in Iran, preparandosi a quello che è del tutto equivalente ad un esilio, non voleva di certo condurre una vita da povero e si è portato via gli spiccioli – un milardo di sterline.

A milioni in piazza

Tutte le moderne rivoluzioni hanno visto milioni di persone scendere nelle strade. Questo è il caso del Portogallo dove ci sono state manifestazioni di oltre un milione di persone dopo la caduta del regime di Caetano. In Iran milioni di persone hanno manifestato. Secondo i resoconti falsati della stampa capitalista, tra uno e due milioni di persone hanno manifestato a Teheran per chiedere l’abbattimento del regime dello Shah.  In centinaia di migliaia hanno manifestato nelle città iraniane di una certa dimensione. Decine di migliaia nelle città più piccole. Questo è un movimento dei poveri, degli espropriati, degli sfruttati, compresi i lavoratori, la classe media, i colletti bianchi, i commercianti, e perfino una parte dei capitalisti è entrata nel movimento pur con i propri scopi e fini.  Vogliono cavalcare il movimento dei lavoratori e della classe media.

Seconda parte

La settimana scorsa il governo Bakhtiar è caduto. Nelle due maggiori città del paese, Tehean e Isfahan, il potere è nelle strade. Le forze armate si sono dovute ritirare nelle caserme: il rischio di disintegrarsi sotto l’impatto della rivoluzione era molto forte. L’articolo che segue, scritto prima della caduta di Bakthiar, ne prevedeva la fine e analizza quale corso avrebbe potuto prendere la rivoluzione che si stava sviluppando in Iran.

La fuga dello Shah segna la fine della prima fase della rivoluzione. La possibilità da parte dello Shah di tornare presto nonostante le manovre di Bakthiar è un sogno reazionario che non si potrà realizzare.

La monarchia iraniana è stata finalmente rovesciata come risultato dei suoi eccessi, della corruzione, della crudeltà, delle torture perpetrate negli ultimi 25 anni. Non potrà più essere imposta al popolo iraniano, almeno finchè esso avrà un minimo di forze

La caratteristica decisiva della rivoluzione iraniana, come in tutte le rivoluzioni, è stato il ruolo giocato dall’esercito. È chiaro che lo Shah ha virtualmente abdicato il potere perché gli sarebbe stato impossibile mantenere il controllo dell’esercito per un ulteriore periodo di tempo. L’esercito ha mostrato molte divisioni e spaccature. In questo senso, vediamo ancora una volta la totale falsità delle posizioni riformiste secondo le quali la rivoluzione sarebbe impossibile nelle condizioni moderne a causa del ruolo giocato dall’esercito.

L’esercito moderno è più suscettibile nei confronti dei movimenti delle masse e della classe lavoratrice rispetto a qualunque altro tipo di esercito nella storia. Non si tratta più di della fanteria di un tempo, fatta di  sottoproletari senza addestramento e senza una reale comprensione. Al contrario l’esercito deve essere altamente specializzato. Eseguono mansioni simili ad altri lavoratori e pensano come lavoratori.

Ciò rende l’esercito molto recettivo nei confronti dei movimenti dei lavoratori. L’esercito è composto dai figli, dai fratelli e dai parenti dei lavoratori, dei contadini e della classe media. Vediamo in ogni rivoluzione della storia, particolarmente nella rivoluzione russa del 1917 e in quella tedesca del 1918, come le masse delle forze armate si sono schierate dalla parte del popolo quando hanno visto che poteva esistere la possibilità di una completa rottura con il vecchio regime.

In Iran ci sono stati episodi come quello in cui un soldato ha sparato a due dei suoi ufficiali quando gli hanno ordinato di aprire il fuoco contro i manifestanti e poi si è suicidato.

D’altra parte, c’era il movimento delle masse ma nessun chiaro appello all’esercito a passare dalla parte del popolo. Di conseguenza, i soldati si sentivano ancora sotto la mano pesante della disciplina militare e la minaccia della legge marziale per eventuali ammutinamenti.

Ci sono stati diversi casi in cui i soldati si sono uniti ai manifestanti o gli hanno permesso di salire sui carri armati. Altri casi mostrano l’altra faccia della medaglia, come quando degli ufficiali hanno sparato a cinque cadetti per impedirgli di lasciare la caserma e di unirsi ai manifestanti.

In molti casi nelle principali città dell’Iran ci sono stati simili episodi di rifiuto da parte delle truppe ad aprire il fuoco, di fraternizzazione da parte delle stesse e di ribellioni da parte dei soldati contro gli ufficiali. Ci sono anche molti giovani ufficiali che simpatizzano con il movimento delle masse.

La ragione per la quale l’esercito non è passato dalla parte della classe lavoratrice, dalla parte del popolo come in Russia nel 1917 e in Germania nel 1918, è che non c’era una organizzazione capace di fornire una direzione.

Se ai lavoratori e ai soldati fosse stata offerta un’alternativa socialista, l’intera situazione in Iran sarebbe senza dubbio stata diversa. Si sarebbero potuti distribuire milioni di volantini tra i soldati. Persino con un’organizzazione di poche centinaia o poche migliaia di membri, milioni di volantini avrebbero potuto essere distribuiti. Si sarebbe potuto così spiegare loro i compiti che l’Iran si trova di fronte nella fase attuale e, in queste circostanze, sarebbe stato quasi inevitabile che l’esercito sarebbe passato dalla parte del popolo.

La rivoluzione, come in Spagna tra il 1931 e il 1937, avrà molti alti e bassi. Le masse potrebbero essere ricacciate indietro dopo un periodo di lotta. La reazione potrebbe riuscire ad affermarsi.

Ma nel futuro immediato non sarà possibile per l’esercito stabilire una dittatura militare come sarebbe piaciuto all’imperialismo occidentale. Qualsiasi tentativo di dittatura millitare troverebbe come risposta un movimento ancora più rabbioso da parte delle masse e provocherebbe una divisione all’interno dell’esercito.

La maturità della situazione in Iran per la rivoluzione socialista è indicata dal fatto che i liberali, il cosiddetto Fronte Nazionale d’Iran, hanno di fatto adottato un programma “socialista” o semi-socialista. E’ come se i Cadetti (i liberali in Russia prima del 1911) si fossero uniti in un unico partito con i socialrivoluzionari (il partito per la riforma agraria radicale) e avessero dichiarato di essere un partito socialista.

Ma come in Russia, i dirigenti del Fronte Nazionale, come Sanjabi, che provengono dagli strati più alti della classe media (o persino dalla classe capitalista), manifestano enorme paura nei confronti della masse. Bakthiar, che formalmente è stato espulso dal Fronte Nazionale, ha tuttavia formato un governo con l’aiuto e l’appoggio dello Shah e dell’esercito.

Sia Sanjabi che Bakthiar vorrebbero mantenere la monarchia. Vedono la forza dello Shah ridotta in misura sufficiente affinchè una monarchia costituzionale possa fungere da protezione contro la rivoluzione e contro la classe lavoratrice. Hanno giocato il classico ruolo dei liberali in una rivoluzione. I loro principali sforzi sono finalizzati a cercare di fare rifluire la rivoluzione e ottenere un cambiamento di regime senza alterare le strutture di base dell’attuale società.

Vediamo manifestarsi in Iran quella che Trotsky definiva la legge dello sviluppo diseguale e combinato. Tutti gli elementi per una rivoluzione socialista sono presenti. I liberali non potranno mai soddisfare le richieste e i bisogni dei lavoratori e neanche dei contadini. In ultima analisi sono dei rappresentanti della classe capitalista e del capitale finanziario.

In un’intervista, Sanjabi, leader del Fronte Nazionale, ha dichiarato:

 “Noi del Fronte Nazionale vogliamo mantenere l’esercito, vogliamo un esercito forte e non vogliamo fare nulla che mini il morale dell’esercito…non abbiamo mai fatto appelli alla diserzione e cercato di seminare l’indisciplina. Ma inevitabilmente ciò sta succedendo e se continua potrebbe essere pericoloso”.

L’imperialismo e naturalmente lo stesso Shah sono stati contrari al tentativo di instaurare una dittatura militare perchè nelle condizioni attuali sarebbe completamente incapace di consolidarsi di fronte alla resistenza della masse.

Il governo Bakthiar può, per sua stessa natura, essere solo una soluzione provvisoria e un regime di transizione. Persino gli imperialisti capiscono che il regime di Bakthiar non potrà mantenersi a lungo e fanno di conseguenza aperture all’Ayatollah Khomeini.

Khomeini ha dichiarato di non avere intenzione di stabilire una dittatura militare reazionaria o una dittatura semi-feudale. Il punto del programma in cui i Mullah si sono dichiarati a favore della libertà e della democrazia è stato un potente elemento d’attrazione per le masse della classe media e naturalmente anche per settori dei lavoratori.

Ma il programma utopico di Khomeini non può in nessun modo risolvere i problemi che il popolo iraniano si trova ad affrontare attualmente.

Khomeni ha detto chiaramente che non accetterà nulla di meno che l’abolizione della monarchia. Il consiglio reggente instaurato dal governo Bakthiar non riuscirà a mantenere il controllo o a mantenere in caldo il trono per lo Shah. Persino l’abdicazione dello Shah non sarà sufficiente. Adesso la posta in gioco è l’abolizione della monarchia.

Nella situazione presente in Iran, un’organizzazione di anche solo un migliaio di marxisti, un migliaio di rivoluzionari, potrebbe fare la differenza. È possibile che una tale organizzazione possa formarsi dalle forze che si stanno aggregando attorno al Fronte Nazionale.

Lo stesso Fronte Nazionale, una volta che comincerà a conquistare una base di massa, inevitabilmente si dividerà al suo interno. Il cosiddetto Partito Comunista (il Tudeh) va a rimorchio degli ayatollah, soprattutto dell’ayatollah Khomeini. Non ha una prospettiva, un programma, nessun’altra politica se non quella di appoggiare la rivoluzione borghese in questo stadio particolare.

In assenza di un’organizzazione alternativa è possibile, se non addirittura probabile che ci sarà un repentina crescita del Tudeh. Una tale crescita nelle condizioni attuali comporterebbe una scissione nel partito comunista. Si svilupperanno contraddizioni tra i militanti e i dirigenti e divisioni man mano che la base lavoratrice entrerà in conflitto con la direzione piccolo-borghese, che intende appoggiare il messianismo teocratico dell’ ayatollah senza critiche o una distinta politica o prospettiva.

L’inconsistenza dei liberali e dei mullah tuttavia si manifesterà velocemente durante il corso della rivoluzione stessa.

Una rivoluzione, per sua stessa natura, non si risolve in un solo atto. La rivoluzione iraniana si svilupperà nel corso di anni. Le masse impareranno nella scuola della dura esperienza. L’esercito si radicalizzerà man mano che i soldati capiranno che è stato il movimento delle masse a costringere lo Shah ad abdicare. L’esercito sarà influenzato dall’umore delle masse e non sarà possibile per i vecchi generali dello Shah restaurare la disciplina, nonostante tutti gli sforzi di Khomeini o dei liberali.

È probabile che Khomeini prenderà il potere. Tutte le suppliche di Bakthiar affinchè lo stato non permetta ai mullah di giocare un ruolo diretto e dirigente nella politica saranno vane.

Ma una volta al potere, l’inconsistenza di idee reazionarie e medievali, come quella di abolire privilegi senza intaccare la base economica della società, porterà al caos. Mantenere intatto il capitalismo commerciale e industriale e nel frattempo abolire la corruzione e l’usura è completamente utopistico. Anche durante il Medioevo, quando sia la dottrina della chiesa cristiana che di quella musulmana erano contro l’usura, questa in realtà continuava ad esistere sotto molteplici forme. Se si seguisse questa strada, rimanendo all’interno del capitalismo, avrebbe conseguenze disastrose per il sistema e ben presto dovrebbe essere abbandonata.

Il sostegno nei confronti di Khomeini svanirà non appena formerà il governo. Il fallimento del suo programma di instaurareuna repubblica teocratica musulmana per cercare di risolvere i problemi del popolo iraniano sarà presto evidente.

Le masse popolari aspirano non solo ad avere diritti democratici ma anche un tenore di vita migliore. I sindacati iraniani avranno una crescita esplosiva. Già crescono come funghi man mano che i lavoratori cominciano a sentire il bisogno di organizzarsi. Raggiungeranno grandi risultati nel periodo che si trovano di fronte. Proprio come in Portogallo, dove l’82% della forza lavoro è ora organizzata in sindacati, allo stesso modo simili risultati saranno raggiunti in Iran nei prossimi mesi e anni. Probabilmente la maggioranza se non addirittura la stragrande maggioranza della classe lavoratrice iraniana si organizzerà nei sindacati.

Una democrazia su basi capitaliste, nelle moderne condizioni di una crisi del capitalismo su scala mondiale, non può stabilirsi in modo duraturo in Iran. I lavoratori hanno già tratto delle lezioni e continueranno ad imparare anche di più nel corso della lotta che si sta sviluppando. In caso di una sconfitta delle masse e di una dittatura militare bonapartista su basi capitaliste, questa non potrebbe essere stabile come è stato per le dittature borghesi militari in America latina e la dittatura in Pakistan.

Persino nella peggiore delle ipotesi, la reazione aprirebbe la strada per un nuovo movimento da parte delle masse in un futuro non troppo distante. Si ripeterebbe un 1905 russo.

Ma un tale sviluppo non è l’unico possibile. Se le forze del marxismo riescono a guadagnare sostegno tra le masse iraniane, allora lo sbocco potrebbe essere una brillante vittoria sul modello della rivoluzione russa del 1917.

Uno sviluppo della rivoluzione su basi sane rappresenterebbe un assoluto disastro per la burocrazia di Mosca. Nella parte asiatica della Russia, nel Caucaso, ci sono larghi settori della popolazione che sono di religione musulmana. In aggiunta a ciò, se uno stato operaio sano nascesse in Iran ai confini dell’Unione Sovietica, ciò avrebbe un effetto immediato sui lavoratori dei principali centri dell’Unione Sovietica – Mosca, Leningrado, Karkov, Odessa, Novosibirsk, ecc.

Ma ciò potrebbe succedere solo con lo sviluppo di una tendenza marxista che abbia assimilato le lezioni degli ultimi 50 anni, soprattutto le lezioni dell’ascesa dello stalinismo in Russia. La burocrazia di Mosca non desiderava e non voleva gli sviluppi che ci sono stati in Iran.

Tuttavia, se in Iran ci fosse la possibilità dello sviluppo di un regime bonapartista proletario, uno stato-partito unico  totalitario e deformato come in Cina o in Russia, la burocrazia stalinista lo accetterebbe volentieri come un dono, nonostante le complicazioni che ciò comporterebbe nei rapporti con gli USA.

Anche questa è una possibilità dato che l’Iran è solo una paese semi-industriale e rimane un paese semi-coloniale. In mancanza di una tradizione marxista rivoluzionaria di massa, un tale sviluppo tra i bassi ufficiali e settori dell’elite che si appoggiano sui lavoratori e i contadini è possibile.

Mosca non voleva la rivoluzione iraniana ma non disdegnerebbe di racciogliere i frutti di una rivoluzione che rafforzerebbe enormemente il suo potere nel Mediterraneo, nel Medio Oriente e nel Golfo Persico. Dovrebbero spiegare ai loro rivali imperialisti dell’Europa, del Giappone e degli USA che ciò sarebbe meno peggio rispetto allo sviluppo di una democrazia proletaria in Iran.

Un partito socialista marxista dovrebbe cominciare rivendicando la libertà di organizzarsi, libertà di parola, libere elezioni, libertà di stampa e tutti i diritti democratici che sono stati conquistati dai lavoratori occidentali attraverso le lotte di generazioni.

Dovrebbe rivendicare la giornata lavorativa di 8 ore, 5 giorni alla settimana e una scala mobile dei salari legata all’inflazione. Ciò andrebbe legato alla rivendicazione di un’assemblea costituente rivoluzionaria ponendo allo stesso tempo le rivendicazioni di un programma rivoluzionario come l’espropriazione della cricca corrotta che ha controllato l’Iran per così tanto tempo.

L’espropriazione delle ricchezze dello Shah, dei proprietari terrieri che hanno investito con i soldi che hanno ricevuto dallo stato dopo generazioni in cui se ne sono fregati e hanno sfruttato la popolazione agricola; la nazionalizzazione dell’industria senza indennizzo, o con indennizzo solo dove necessario, e sotto controllo dei lavoratori; il controllo e la gestione operaia dell’industria e dello stato.

Per ottenere queste rivendicazioni sarebbe necessario formare comitati d’azione da parte della classe lavoratrice cercando di svilupparli anche alle forze armate e ai piccoli commercianti, ai piccoli imprenditori, legando questi settori così come è stato fatto nei Soviet in Germania e in Russia nelle rivoluzioni del 1917 e 1918. Sfortunatamente al momento in Iran non ci sono organizzazioni che portano avanti le posizioni del marxismo. 

Il movimento operaio britannico dovrebbe mettere tra le sue principali rivendicazioni democratiche: nessuna interferenza con la politica iraniana, che sia il popolo iraniano a decidere! Quella parte dei lavoratori più avanzata d’altra parte dovrebbero sostenere lo sviluppo di un partito socialista marxista in Iran che possa portare la rivoluzione alla vittoria.

Pubblicato dal periodico marxista Militant il 9 febbraio 1979.

Source: FalceMartello