Cile – Lezioni della sconfitta del referendum per la Costituzione

I risultati del plebiscito di ratifica della proposta di nuova costituzione licenziata dalla Convenzione costituente hanno attribuito un’ampia maggioranza all’opzione del rechazo (rifiuto), con il 62% dei voti. Questo risultato è persino peggiore di quanto previsto dai sondaggi. È necessario spiegare perché.

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La prima osservazione è che la distribuzione del voto è stata simile a quella del secondo turno delle elezioni presidenziali. Nella grande Santiago e nella grande Valparaíso, i sobborghi operai e popolari hanno votato in proporzione maggiore per l’apruebo (approvazione – anche se in pochissimi di essi hanno superato il rechazo), mentre i quartieri borghesi e delle classi alte hanno votato in modo schiacciante per il rechazo. Tuttavia, a differenza di allora, il voto per l’apruebo delle zone operaie non è stato sufficientemente alto per controbilanciare il voto dei ricchi.

Nel complesso, l’affluenza è aumentata in modo massiccio, dai 7,5 milioni di voti nel referendum costituente del 2021 e dai 8,3 milioni nel secondo turno delle elezioni presidenziali, agli oltre 13 milioni di voti ora. Alle elezioni presidenziali Boric aveva ottenuto 4,6 milioni di voti e ora 4,8 milioni hanno votato per approvare la Costituzione. Ma, mentre il demagogo di destra Kast aveva ricevuto allora 3,6 milioni di voti, oggi 7,8 milioni hanno votato per il rechazo, con un aumento di 4,2 milioni, che è quasi uguale all’aumento dell’affluenza alle urne di 4,7 milioni. Quindi, il voto delle forze di sinistra per il cambiamento sociale ha retto, ma la stragrande maggioranza di coloro che hanno votato per la prima volta ha respinto la Costituzione.

Per fare un esempio, a Lo Espejo sobborgo popolare di Santiago), Boric aveva ottenuto 34.000 voti contro i 12.000 di Kast (73% contro 26%). Ora Boric ha ottenuto 36.000 voti, ma il rechazo di Kast ne ha ottenuti quasi altrettanti (50% contro 49%). Questa è una delle chiavi del risultato. Il plebiscito ha registrato un’affluenza record grazie all’applicazione per la prima volta della combinazione tra registrazione automatica nelle liste elettorali e voto obbligatorio, che ha mobilitato un gruppo di elettori solitamente apatico e scettico, sempre più suscettibile alla propaganda di paura della destra e dei media tradizionali, e apparentemente propenso a mantenere lo stato attuale delle cose. Questo ha colpito in modo sproporzionato anche la zone operaie e più poveri, tradizionalmente più astensioniste.

Ma tutto ciò non era né automatico né inevitabile. Alcuni fra quegli stessi leader responsabili del disastro danno ora la colpa alla gente “ignorante”. Va detto chiaramente che la nuova Costituzione proposta non è riuscita a connettersi con le preoccupazioni reali della popolazione e dei lavoratori, con poche soluzioni concrete alle richieste che hanno portato alla rivolta popolare del 2019, come la fine delle AFP (il sistema previdenziale privato, ndt), la rinazionalizzazione delle risorse naturali, la rifondazione della polizia e dell’esercito, ecc. I settori popolari più disillusi dalla politica tendono a orientarsi verso programmi risoluti che affrontino con decisione i loro problemi quotidiani; né il governo, caratterizzato dall’apatia, né la Convenzione, invischiata in idee postmoderniste, sono riusciti a entusiasmare le masse. La Costituzione proposta, rimanendo confinata all’interno dei margini ristretti della proprietà borghese, è incapace di rispondere a questioni fondamentali come l’istruzione, la salute, la pensione, il lavoro, ecc. Le frasi altisonanti sullo “Stato sociale di diritto”, sul carattere “plurinazionale” (mentre i leader mapuche vengono imprigionati e si mantiene la militarizzazione dell’Araucania) non sono riuscite a convincere una parte sufficientemente ampia dei lavoratori e degli oppressi.

Una proposta più chiara e radicale, di aperta rottura con il capitalismo, che proponesse la risoluzione dei problemi urgenti delle masse sulla base dell’espropriazione dei ricchi e dei potenti, sarebbe stata l’unica in grado di far breccia nella propaganda della paura e di convincere i settori finora astensionisti.

Un altro elemento da considerare è che il campo del rechazo ha prevalso praticamente in tutte le regioni del Paese, ma ha ottenuto una vittoria netta nelle aree rurali e nel sud del Cile. Questo dimostra che i principali partiti dell’apruebo, il Partito Comunista e il Frente Amplio, e anche molti dei movimenti sociali rappresentati nella Costituente, non hanno una base solida nei settori contadini e semi-rurali e hanno basato le loro campagne su nuclei piccolo-borghesi e progressisti, disdegnando la costruzione di partiti di massa con solide basi ideologiche. La costruzione di una forte coscienza operaia non si ottiene da un giorno all’altro, attraverso meme ingenui sui social media o volantini semplicistici.

Prevedibilmente, i partiti dell’apruebo non hanno tratto alcuna conclusione, o meglio hanno tratto la conclusione opposta a quella che sarebbe necessaria. Il governo e i suoi sostenitori hanno subito segnalato uno spostamento a destra, hanno parlato di “sintonizzarsi meglio con le maggioranze”, il che non è altro che un ulteriore annacquamento del programma di governo, già diluito, e l’apertura di uno spazio per gli elementi di centro e di destra della defunta Concertación, che aspettavano come avvoltoi un’occasione simile per risorgere dalle loro bare.
Gran parte della coalizione al potere non si sentiva a proprio agio con un programma più radicale e vedeva la proposta di costituzione come una minaccia alla propria tranquillità, quindi ha accolto con favore questa opportunità. Ma chi desidera un ritorno alla stabilità apparente dei governi della Concertación si sbaglia. L'”Accordo di pace”, un compromesso concepito per chiudere dall’alto la rivolta di ottobre, cercava di ristabilire la solidità istituzionale, e ciò che si è ottenuto è stato il contrario: incertezza istituzionale e tensione a livello popolare.

Non ci sono state manifestazioni di massa o festeggiamenti sfrenati nelle strade. Il voto del rechazo non è un voto ideologicamente coeso; piuttosto è stato un voto alimentato dalla paura e dall’incapacità della costituzione proposta di rispondere alle reali difficoltà di un settore dell’elettorato che già proveniva da una posizione di totale sfiducia nelle istituzioni. Non hanno ottenuto alcuna vittoria reale, poiché tutto torna alla costituzione di Pinochet, già respinta dall’80% della popolazione. Le strade da percorrere sono molteplici e tutte precarie. Il governo si riunirà con i partiti dell’apruebo e del rechazo alla ricerca di un nuovo accordo per uscire da questa impasse, cercando di mantenere le eventuali decisioni dietro le spesse mura del Congresso Nazionale, l’organismo più screditato della nazione.

I circoli progressisti non tardano a mostrare segni di demoralizzazione. Non c’è da stupirsi: la loro visione meccanicistica della realtà non permette loro di guardare oltre la superficie delle cose. I marxisti, invece, non possono permettersi il lusso di demoralizzarsi e di unirsi al coro di lamentele sui social media. Siamo consapevoli che le correnti profonde non invertono il loro flusso a seguito di risultati elettorali congiunturali. Le manifestazioni di sostegno all’apruebo delle ultime settimane della campagna hanno portato in piazza centinaia di migliaia di giovani e lavoratori determinati e radicalizzati, uno scenario che non era previsto per le élite solo pochi anni fa. Questi settori di massa non si accontenteranno di nulla di meno delle richieste fondamentali dell’ottobre 2019, con la promessa della fine del neoliberismo, cioè dell’unico capitalismo possibile in questa fase di crisi organica del sistema e di recessione globale.

In uno stato di crisi economica e sociale che si trascina da anni, cercheranno altre vie d’uscita ai loro problemi più urgenti, renderanno più solide le loro organizzazioni territoriali e torneranno, prima o poi, in piazza. L’idea che le aspirazioni delle masse della classe operaia e degli oppressi a un cambiamento radicale, espresse nella storica rivolta del 2019, non possano essere risolte con un cambiamento della Costituzione, come avevamo avvertito all’epoca, è stata messa in pratica ed è fallita. I lavoratori cileni più coscienti cominciano a risvegliarsi dalle illusioni democratiche sparse a piene mai dalla classe dominante e, sulla base di questa esperienza frustrata, riprenderanno il loro spirito di lotta, ma questa volta con un livello di coscienza qualitativamente superiore.

Questi settori costituiscono un terreno fertile in cui si sono depositati i sedimenti della rivolta d’ottobre, in attesa di essere arati con l’aratro del marxismo e seminati con idee rivoluzionarie. Il frutto maturerà silenziosamente ma inevitabilmente e noi dovremo essere pronti a raccoglierlo. La TMI-Cile lo ha detto chiaramente prima del plebiscito e lo ripete ora: la lotta continua!

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