Il fermento rivoluzionario in Grecia - Un assaggio di quello che succederà in tutta Europa

Italian translation of Revolutionary ferment in Greece – a taste of what is to come for the whole of Europe (January 12, 2009)

Dopo la stesura di questo articolo, due avvenimenti hanno indicato i pericoli della situazione. Prima un veicolo della polizia è stato colpito da uno sparo, in dicembre; il colpo proveniva apparentemente da un’università. Poi, a gennaio, un poliziotto è stato ferito gravemente da un colpo di un’arma da fuoco, a quanto pare la stessa usata in dicembre o una simile.

Questo può indicare due possibilità. La prima è che tendenze terroristiche si potrebbero star sviluppando presso una piccola minoranza di studenti. La Grecia ha in effetti una tradizione di cosiddetto “terrorismo di sinistra”. Se fosse questo il caso, indicherebbe a quale grado sia arrivata la frustrazione di uno strato di giovani. Ma dovremmo anche chiederci: chi ne è responsabile?

L’estremismo di sinistra e il terrorismo emergono come conseguenza dell’opportunismo dei dirigenti del movimento operaio. Mentre lo Stato spara a studenti disarmati, uccidendone uno e picchiandone e arrestandone molti altri, cosa fanno i dirigenti del Pasok e degli altri partiti tradizionali della sinistra? Il Pasok ha fatto appello agli studenti affinché interrompessero le occupazioni; il capo del Partito Comunista (Kke) ha avuto degli incontri con Karamanlis, l’odiato Primo Ministro di Nuova Democrazia (Nd), e non è neppure disposto a chiedere la caduta del governo; i leader di Synaspismos hanno preso una linea più favorevole verso il movimento, ma in realtà vi si sono accodati senza offrirgli una vera ldirezione.

In queste condizioni si può capire come mai alcuni elementi possano frustrarsi e optare per la “azione diretta” e da lì indirizzarsi verso l’utilizzo di metodi terroristici. Ad ogni modo, sebbene si possa comprendere perché ciò accada, il compito dei marxisti è spiegare che queste azioni non fanno fare passi avanti al movimento. Al contrario, questi atti sono controproducenti e fanno il gioco del governo conservatore di Nd che ha cercato di criminalizzare il movimento fin dall’inizio. Invece di rafforzare e allargare quest’ultimo, azioni come queste aiuteranno soltanto il governo a dividerlo e infine a sconfiggerlo.

Gli atti di terrorismo individuale non fanno parte dei metodi della classe operaia e del movimento studentesco nel suo complesso. I metodi dei lavoratori sono gli scioperi, gli scioperi generali, i cortei di massa, le occupazioni di fabbriche.

L’altra possibilità è che le sparatorie contro la polizia siano state opera di agenti provocatori. Lungo tutto il recente movimento sono state prodotte un sacco di prove che indicano che agenti di questo tipo operano tra gli studenti. Non sarebbe affatto stupefacente se in futuro emergesse che alcuni tra quelli che hanno lanciato molotov contro negozi, edicole o macchine parcheggiate fossero agenti provocatori a tutti gli effetti. Abbiamo visto lo Stato usare questi metodi molte volte, in passato; questo perché lo Stato borghese capisce che tali metodi sono utili come mezzo per dividere ed isolare il movimento.

L’unica vera risposta a tutto questo è che i dirigenti dei partiti operai di massa adottino una posizione rivoluzionaria, costruendo un fronte unico delle sinistre su un programma veramente socialista, mobilitando la massa dei lavoratori e degli studenti per una trasformazione radicale della società. Siccome questi dirigenti non sono al momento disposti ad assumere questa posizione, bisogna lottare per essa all’interno dei partiti di massa. Se una forte tendenza marxista sarà costruita in tempo potrà sbarrare la strada alle tendenze estremiste o terroriste e dirigere i giovani verso i metodi della lotta di classe. Questo è il grande compito che abbiamo davanti.

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Nella serata di sabato 20 dicembre gli uffici di Tiresia, un’agenzia di credito nel centro di Atene, sono stati incendiati durante scontri tra anarchici e polizia. La mattina seguente ero su un taxi e il tassista mi spiegava che avevano attaccato gli uffici di una ditta di “recupero crediti” e il suo commento è stato che “non erano riusciti a bruciare l’intero edificio, altrimenti ci avrebbero almeno salvato da quei pescecani”. Il giorno successivo mentre mi trovavo su un altro taxi per andare in aeroporto, l’autista vedendo dei murales che dicevano “Sollevatevi” commentava che era uno slogan molto appropriato.

Se dovessimo credere ai mass media, ci immagineremmo che in Grecia tutti quanti, salvo i pochi coinvolti negli scontri con la polizia, siano contro la violenza che abbiamo visto scatenarsi recentemente in quel Paese. Senza dubbio, la schiacciante maggioranza dei lavoratori non si lascia coinvolgere in queste azioni e i più non accettano che vengano bruciati i negozietti, edicole e automobili parcheggiate in strada: queste azioni servono solo ad alienarsi l’appoggio della maggioranza della popolazione; inoltre, fanno il gioco del governo che può usare questi atti vandalici per criminalizzare l’intero movimento.

Tuttavia, la gente distingue effettivamente la violenza e le distruzioni gratuite ed insensate e la violenza di giovani studenti normali che sono stati esasperati dalla brutalità poliziesca. La gente non si è dimenticata che tutto questo è stato provocato dalla polizia che ha sparato ad un giovane studente di liceo, uccidendolo.

È anche vero che quando gli obiettivi degli anarchici sono banche o uffici del “recupero crediti” c’è una certa simpatia tra il grosso della popolazione. Ciò è confermato da un sondaggio d’opinione condotto a metà dicembre che ha rivelato che circa metà della popolazione greca considerava la recente esplosione di violenza una “sollevazione popolare”.

Un altro commento in cui mi sono imbattuto era qualcosa di questo tipo: “Hanno bruciato tutte le banche tranne la mia; speravo bruciassero pure la mia, con tutti i debiti che ho!”. Questo stato d’animo riflette i veri sentimenti della gente comune in Grecia, che sente gli effetti della crisi economica in corso. In questa situazione sono in particolare i giovani ad essere principalmente colpiti.

Abbiamo già raccontato quello che è avvenuto lunedì 8 dicembre, quando migliaia di studenti in tutta la Grecia hanno dato voce alla loro rabbia per l’uccisione per mano di un poliziotto del giovane Alexandros Grigoropoulos. Con nient’altro che pietre, sassi e frutti hanno ricacciato nelle loro caserme i poliziotti che erano stati armati fino ai denti. Gli studenti non si sono coperti il volto, mostrando di non avere alcuna paura della polizia. In effetti, nelle manifestazioni che hanno avuto luogo in queste settimane a mostrare la rabbia maggiore sono stati proprio i giovanissimi, gli studenti delle scuole superiori.

In Grecia ciò di cui siamo testimoni è una rivolta generalizzata della gioventù dai tratti rivoluzionari. I giovani stanno sfidando l’autorità stessa dello Stato e di tutte le sue istituzioni. Pochi di loro hanno letto ciò che hanno scritto Engels o Lenin sullo Stato, ma stanno imparando dall’esperienza diretta a cosa serva lo Stato borghese: la difesa della proprietà privata e l’oppressione delle masse lavoratrici. Questo sta causando grosse preoccupazioni alla borghesia che non ha molte idee su come gestire una situazione simile.

Il contesto economico

Per capire come mai stia accadendo tutto questo vale la pena entrare su qualche dettaglio della situazione economica che si è sviluppata in Grecia nell’ultimo periodo. La Grecia è di fatto passata attraverso un periodo di 13 anni di crescita relativamente elevata. Sotto il precedente governo Pasok di Simitis nel periodo 1996-2004, l’economia cresceva ad una media annua di circa il 4%; ora ha iniziato a rallentare, trovandosi al momento al 2,5%, ma tutti gli indicatori segnalano che nel prossimo periodo rallenterà ulteriormente e potrebbe addirittura essere coinvolta in una recessione, come mostrano le cifre della produzione industriale.

Ad ogni modo, sebbene la Grecia abbia attraversato un decennio di crescita economica, la maggior parte dei lavoratori non lo ha percepito come un boom, ma più come una recessione. In questo periodo i lavoratori hanno visto un attacco costante a tutte le loro conquiste precedenti. Il debito ha raggiunto livelli inauditi, visto che l’espansione economica era alimentata dal credito e non produce incrementi dei salari reali. Al tempo stesso, c’è stato un aumento della precarizzazione del lavoro, con la creazione di molti posti di lavoro temporanei e mal pagati. Sono state introdotte leggi che hanno aumentato il numero di contratti interinali e a termine.

I livelli di disoccupazione sono stati alti per tutto questo periodo. Nel 1999-2000, la disoccupazione ufficiale era all’11,8%; ora, secondo le cifre ufficiali, è scesa al 7,9%, un valore pur sempre elevato rispetto a molti altri Paesi. In ogni caso, le cifre ufficiali non danno il quadro complessivo; non viene detto ad esempio quanta di questa occupazione è in impieghi temporanei e sottopagati.

Lungo tutto questo periodo i salari non hanno tenuto il passo del crescente costo della vita. La principale confederazione sindacale privata, la Gsee, pubblica ogni anno i dati sui livelli salariali ed essi rivelano che negli ultimi 15 anni i salari reali hanno continuato a perdere potere d’acquisto. Nel settore pubblico, per esempio, dai primi anni Novanta i salari reali sono caduti di circa il 30%  e la situazione nel settore privato è molto peggiore. Ora tre milioni di persone vivono sotto la soglia di povertà e i lavoratori greci sono tra i più poveri dei 27 Paesi Ue.

Ciò evidenzia il fatto che il boom scorso sia stato realizzato alle spese della classe operaia. La crescita economica non ha portato veri benefici ai lavoratori; al contrario, ha portato nuovi problemi, come la crescita del debito. Questo spiega perché da un certo tempo i lavoratori greci non esprimano alcun ottimismo verso il futuro. Un recente sondaggio ha rivelato che i greci sono il popolo più pessimista dell’Unione Europea, con il 70% che esprime l’opinione che il Paese stia andando nella direzione sbagliata (il 14% in più rispetto ad un anno prima). Un gigantesco 92% della popolazione si aspetta un peggioramento della situazione economica nel corso del prossimo anno.

In questa situazione particolarmente i giovani vengono colpiti duramente. La disoccupazione giovanile ufficiale è al 24%, ma la cifra reale per il gruppo d’età dai 18 ai 25 anni è più intorno al 50%. A causa di questa situazione almeno un quarto degli under 25 vive sotto la soglia di povertà.

Per tutto l’ultimo periodo, per tanti giovani la sola speranza per ottenere un lavoro consisteva studiare duro e cercare di ottenere i migliori risultati possibili agli esami. Decine di migliaia di studenti delle scuole superiori sono obbligati a prendere lezioni private la sera dopo il normale orario scolastico, per tre ore al giorno, cinque giorni alla settimana, al costo di centinaia di euro al mese. La speranza è che con uno studio così intensivo prenderanno i voti necessari ad entrare all’università, dove la pressione continua. Eppure, una volta passati per questo trattamento sfiancante, molti di loro ancora non trovano lavoro e quelli che lo trovano devono ripiegare su impieghi temporanei e sottopagati. Per descrivere questi giovani è stata inventata l’espressione “la generazione 700 euro”, in riferimento ai bassi salari che ricevono! È una situazione come questa che spiega la rabbia repressa che è infine esplosa nelle strade della Grecia.

Per un certo periodo è stato lo strato più povero della popolazione a patire, ma ora la crisi sta avendo un effetto anche sugli strati intermedi della società, quel settore che in tempi normali fornisce una base sociale al capitalismo. Uno strato che è stato colpito particolarmente duramente è quello dei contadini. Nel 1980 il 19% della popolazione attiva era composto di contadini; ora questo numero è stato ridotto al 10,4%. Da un punto di vista puramente economico la riduzione della popolazione dedicata alla produzione di cibo è “progressista”, ma il modo in cui ciò sta avvenendo in Grecia non determina una maggiore stabilità. Il livello di disoccupazione nell’industria è lo stesso degli anni Novanta e ciò significa che l’economia non sta crescendo abbastanza per assorbire questa forzalavoro supplementare che viene in città dalle campagne; così, la popolazione rurale che abbandona la terra ingrossa semplicemente le file dei poveri.

In effetti, il movimento della classe operaia ha avuto un impatto anche su quelli che in circostanze normali sarebbero strati “conservatori” della popolazione. Abbiamo visto recentemente la protesta dei negozianti ad ottobre contro l’aumento delle tasse. Ci sono state anche proteste dei giornalisti, dei medici e degli avvocati per le pensioni. Questo processo sta portando ad un restringimento della base sociale di Nuova Democrazia (Nd) e aiuta a spiegare il generale spostamento a sinistra dell’intera società greca.

I segnali della recessione che sta arrivando

Molti settori tradizionali dell’industria greca sono in crisi. Questo è particolarmente vero nel caso del tessile, che ha chiuso molte fabbriche nel corso degli ultimi dieci anni. Questo processo è accentuato dal dirottamento di investimenti verso i Paesi balcanici confinanti. Il crollo dello stalinismo nei Paesi dell’ex blocco orientale ha aperto delle opportunità per il capitalismo greco, che gioca il ruolo di una potenza imperialista minore nella regione, la possibilità di sfruttare forzalavoro molto conveniente; questo ha significato la chiusura di fabbriche in Grecia e il loro spostamento in Paesi come la Bulgaria, la Romania, la Macedonia e l’Albania, aiutando a ridurre ulteriormente i livelli salariali complessivi della classe lavoratrice greca.

 

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 Manifestazione ad Atene il 18 dicembre 2008
(foto di solidnet_photos su flickr)

Come abbiamo visto, un elemento importante nella crescita recente dell’economia greca è il boom creditizio. Sommata a questo si ha la spesa pubblica – come per le Olimipiadi di Atene poco più di quattro anni fa – e i finanziamenti dell’Ue. Queste fonti hanno iniziato ad estinguersi e ora sono caduti i veli che celavano il reale stato dell’economia greca.

La crisi che sta colpendo tutta l’Europa ha un effetto diretto sull’economia greca. Due terzi delle esportazioni da quel paese vanno verso altri Paesi dell’Unione Europea, e la caduta della domanda nell’Ue sta portando ad una grave crisi in Grecia. In questo contesto abbiamo visto una netta caduta della Borsa greca, combinata con una fuga di capitali alla ricerca rifugi sicuri.

Le ultime cifre sulla produzione industriale indicano che sta iniziando la recessione: nel terzo trimestre del 2008 essa è caduta dell’1,1% e nel solo mese di agosto è caduta del 3% su base annua. Anche le spese di consumo si sono fortemente contratte: nel solo ottobre si ha avuto una riduzione del 25% negli acquisti ai supermercati. Si sta preparando il terreno per licenziamenti di massa e ci si aspetta la perdita di 100mila posti di lavoro all’inizio del 2009.

Così, il debito non sta solo avendo un effetto sui consumatori, ma anche sullo Stato e sulle grandi imprese greche. Il debito pubblico equivale al 93,8% del Pil, ma se si sommano il totale dei debiti dello Stato, delle famiglie e delle aziende l’ammontare raggiunge il 200% del Pil greco complessivo. Questo sta portando alcuni seri economisti borghesi e anche il governo stesso a sollevare la possibilità che la Grecia annulli i pagamenti del debito, cioè che la Grecia segua la strada dell’Islanda! Il debito pubblico è così elevato che la Grecia paga in effetti livelli di interessi che sono circa il doppio di quelli pagati in Germania.

Di fronte a questa situazione, il governo Greco ha dovuto approvare un piano di salvataggio simile a quanto abbiamo visto in molti altri paesi.  Le banche greche si trovavano in pericolo di crollo e il governo si è fatto avanti con un salvataggio da 28 miliardi di euro, composto da 9 miliardi in contanti e il resto in una serie di garanzie per le banche da parte del governo. Si tratta di una somma immensa per lo stato greco, molto maggiore, in proporzione, dei salvataggi realizzati in altri Paesi. È pari a metà delle entrate annue dello Stato o, per metterla in termini più concreti, l’equivalente di quattro anni di spesa pubblica nell’Istruzione o di cinque anni nella Sanità.

Il salvataggio delle banche, tuttavia, invece di calmare i nervi della borghesia, ha portato a un nuovo conflitto. Le banche “virtuose” hanno iniziato a lamentarsi di non aver ricevuto alcun aiuto e hanno visto il salvataggio come “iniquo”: quello che volevano veramente dire è che si era presentata loro l’opportunità di comprare le banche fallite, ma l’aiuto economico del governo ha bloccato l’operazione. Poi è venuto il turno degli industriali: anche loro stanno affrontando la crisi e iniziano a chiedere al governo di essere salvati!

Il fatto che il governo sia disposto a scodellare così tanti soldi per i banchieri fomenta l’esplosiva situazione sociale che abbiamo in Grecia. Le banche greche hanno avuto i profitti più elevati di qualunque sistema bancario europeo nell’ultimo periodo. Solo nel 2007 hanno visto i propri profitti crescere del 235%. Ora che la crisi che lorsignori hanno provocato è caduta su di noi, il grosso della popolazione li vede andare dal governo col cappello in mano ad elemosinare l’assistenzialismo statale. Ciò ha provocato uno stato d’animo anticapitalista nella società e ha avuto un grosso impatto sul livello di coscienza.

Tutto ciò si aggiunge ad una sfilza di scandali che hanno coinvolto ministri, funzionari pubblici, la Chiesa ecc. Infatti, da quando il partito Nuova Democrazia di Karamanlis è tornata al potere nel 2004 ci sono stati 65 grossi scandali. Questo spiega il diffuso atteggiamento di odio verso la borghesia e il governo di Nd, che sta portando ad una brusca sterzata a sinistra nella società.

L’economia è in crisi, il governo ha perso ogni autorevolezza; hanno cercato di usare la repressione per contenere il movimento e ora si trovano davanti una possente movimento della gioventù, che è soltanto l’apripista per un movimento più ampio della classe operaia.

Combattività operaia e giovanile in crescita

I sintomi della situazione attuale, così esplosiva, potevano già essere osservati nella serie di proteste giovanili e scioperi degli anni scorsi. Ci sono state due grandi mobilitazioni studentesche nel 2006 e nel 2007. Il governo di Nd stava cercando di introdurre dei cambiamenti costituzionali che avrebbero permesso la fondazione di università private; gli studenti ottennero una vittoria parziale in quanto riuscirono a bloccare quel tentativo, ma il governo semplicemente prese tempo e presentò in seguito un nuovo disegno di legge per far passare le stesse proposte. Questa è stata un’esperienza che ha indotto molti giovani a comprendere che delle proteste una tantum non sono sufficienti: quello che serve è un movimento che spazzi via l’intera classe dominante.

Contemporaneamente ci sono state gigantesche mobilitazioni della classe operaia. Il governo di Nd può vantarsi di aver provocato il maggior numero di scioperi generali dalla caduta della dittatura dei colonnelli nel 1974. Ci sono stati infatti 10 scioperi generali dal 2004, tre o quattro dei quali davvero imponenti.

Questo aumento della combattività non si è ancora tradotto in un significativo incremento dell’attività dei sindacati a livello di base: ciò perché i sindacati sono ancora dominati dai riformisti di destra che soffocano qualsiasi genuina manifestazione di militanza operaia.

Il sindacato greco è tradizionalmente diviso al suo interno secondo criteri di partito, con ciascun partito che ha la sua frazione organizzata. La più importante è Paske, legata al Pasok; la frazione del Kke si chiama Pame, mentre l’Nd ha a sua volta una frazione nella Gsee, conosciuta come Dake. I rapporti di forza dentro la Gsee al momento sono approssimativamente come segue: Paske 40%, Dake 28%, Pame 21% e la frazione di Synaspismos circa il 6-7% (soprattutto nel settore pubblico).

Questi rapporti di forza non riflettono necessariamente la reale situazione odierna, ma un equilibrio che riflette soprattutto la situazione passata. Oggi c’è una svolta a sinistra in corso nel sindacato, che per ora non si è espressa in alcun significativo cambiamento di questo equilibrio. Il vero stato d’animo tra gli attivisti è in realtà di sfiducia nei confronti dell’attuale gruppo dirigente.

Questi vertici sindacali sono visti come come un gruppo dirigente che ha usato la sua posizione per calmare il movimento piuttosto che costruirlo. In questo senso, possiamo vedere come abbiano abusato del ricorso allo sciopero generale. Storicamente uno sciopero generale avrebbe dovuto “porre la questione del potere” come diceva Trotskij. Quando però ci sono stati dieci scioperi generali in quattro anni senza che si sia ottenuto nulla di sostanziale, ciò di fatto fiacca l’impatto dello sciopero generale: invece di diventare un mezzo per la costruzione di un movimento più forte, esso assume il ruolo di “valvola di sicurezza” per scaricare un po’ di pressione e poi riportare tutti al lavoro.

Detto questo, è anche vero che i lavoratori greci hanno una buona risposta quando i dirigenti sindacali convocano scioperi generali e c’è anche un alto livello di scioperi in generale, con il coinvolgimento di molti settori differenti. Ogni mese abbiamo visto almeno uno sciopero importante di questa o quest’altra categoria. Nel 2007 abbiamo visto la lotta per le pensioni, poi la lotta dei lavoratori della categoria degli elettrici contro la privatizzazione, e poi lo stesso coi lavoratori delle poste. Abbiamo avuto uno sciopero dei dipendenti comunali durato tre settimane e scioperi di altre categorie come i portuali e i lavoratori delle telecomunicazioni.

La maggior parte di queste lotte non è riuscita a fermare le privatizzazioni, salvo alcune vittorie secondarie. Questo ha spinto i lavoratori a chiedersi a che pro scioperare se non si vince mai. L’altro lato della medaglia è che i lavoratori vedono gli enormi profitti fatti dai padroni nell’ultimo periodo e ora questi stessi padroni stanno chiedendo ai lavoratori di fare altri sacrifici: questo sta facendo imbestialire i lavoratori greci che vogliono lottare e non subire mentre i padroni li trattano come stracci.

Tutto questo mostra che nonostante i suoi leader la classe operaia greca non ha alternativa a lottare. Prima o poi ciò provocherà una reazione all’interno del sindacato greco, dove i lavoratori inizieranno una battaglia per spingere a sinistra le proprie organizzazioni e adottare una linea più militante, più in sintonia con il vero stato d’animo della classe operaia e dei giovani della Grecia.

La goccia che fa traboccare il vaso

In una situazione come questa nessuno avrebbe potuto predire la tragica uccisione del giovane Alexandros, ma essa è stata “la goccia che fa traboccare il vaso” che ha rilasciato l’enorme pressione che si era accumulata sotto la superficie. Non era poi molto tempo fa quando era possibile sentire alcuni della vecchia generazione di attivisti lamentarsi della “mancanza d’interesse” per la politica tra le giovani generazioni. Di frequente si sentiva qualcuno parlare di come gli studenti greci, essendo così impegnati a sgobbare per la scuola, non avessero tempo per le riunioni politiche. Oggi è precisamente questo strato ad indicare la via agli altri.

 

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 Manifestazione ad Atene il 18 dicembre 2008
(foto di solidnet_photos su flickr)

Questa situazione sta terrorizzando la borghesia greca. Il leader del partito reazionario di destra Laos ha evocato lo spettro di un nuovo Maggio ’68 in Grecia. Però, usando le sue parole, la Francia aveva De Gaulle ad occuparsi della faccenda, mentre “tutto quello che abbiamo noi è Karamanlis”.

Non è casuale che guardino a De Gaulle. Tendenze bonapartiste sono chiaramente presenti in uno strato importante della classe dominante greca. Un serio analista borghese, Kyrtzos, redattore del quotidiano gratuito Metro, in un articolo recente ha sostenuto la necessità di coinvolgere l’esercito. È stato anche rivelato che quando si sono innescati gli scontri dopo l’uccisione del giovane studente, alcuni dei ministri di Karamanlis hanno sollevato l’idea di dichiarare lo stato d’emergenza e richiedere l’intervento dell’esercito. Alla fine il Primo Ministro ha chiarito che questa opzione è stata “esclusa”. La ragione è molto chiara: avanzare la prospettiva dell’uso dell’esercito riporta alla memoria l’odiato regime dei colonnelli del 1967-’74. Più che pacificare la situazione una mossa simile potrebbe addirittura provocare un’aperta guerra civile in Grecia.

Questo spiega come mai Kyrtzos nel suo discorso televisivo abbia evitato ogni riferimento al colpo di Stato dei colonnelli nel 1967. Le sue parole sono state: “Dobbiamo pensare al ruolo dell’esercito nel ristabilire l’ordine in passato. Abbiamo bisogno di un nuovo 1908 con l’esercito se i politici non possono risolvere il problema”. Si stava riferendo al ruolo dell’esercito nel 1908 nel periodo durante il quale, secondo i libri di storia ufficiali, fu formata la Grecia moderna, sotto la figura di Eleftherios Venizelos. La figura di Venizelos è usata in questo contesto per presentare l’esercito come qualcosa che ha giocato un “ruolo progressista” nell’aiutare la modernizzazione del Paese.

È tutto un tentativo di abbellire il ruolo dell’esercito e riportare la popolazione ad un periodo di cosidetta “ricostruzione della nazione”. Il tentativo tuttavia è una debole copertura di quello a cui stanno veramente pensando: l’uso dell’esercito per sopprimere il movimento in corso. Per ora hanno dovuto mettere da parte questa idea, ma il fatto che personaggi importanti in seno alla borghesia greca abbiano considerato la possibilità di usare l’esercito dovrebbe suonare con un grave avvertimento ai lavoratori e ai giovani greci rispetto a quello che può avvenire in futuro se il capitalismo greco non è liquidato una volta per tutte.

Il motivo per cui non possono usare l’esercito in questo momento è che la classe operaia greca non è ancora stata sconfitta; si sta invece radicalizzando e spostando e sinistra. Scatenare l’esercito contro i lavoratori in una situazione simile piuttosto che risolvere il problema che ha la borghesia, lo aggraverebbe.

Così si spiega come mai il leader della Sev, la Confindustria greca, spiegando che “Karamanlis ha perso il controllo” vede la soluzione in una grande coalizione tra Pasok e Nd. Ciò rivela come la borghesia in un momento di crisi acuta comprenda che ciò di cui hanno bisogno è di portare al governo i dirigenti del principale partito dei lavoratori greci. In questo modo possono usare i leader del Pasok per chiedere ai lavoratori e ai giovani “sacrifici per il bene della nazione”.

L’attuale governo di Nd sotto Karamanlis è instabile e debolissimo. Ha anche perso la fiducia della borghesia, ma il problema è che la borghesia greca non ha una chiara soluzione alternativa. Per ora stanno concedendo a Karamanlis un po’ di tempo, forse qualche settimana, al massimo alcuni mesi. Siccome questo governo non è in grado di calmare la situazione e ha perso ogni autorevolezza nella società, prima o poi i padroni greci saranno obbligati a prendere dei provvedimenti per liberarsi di Karamanlis e cambiare il governo.

Ciò sta provocando divisioni interne a Nd. Tradizionalmente il partito ha sempre avuto due ali: un’ala populista, demagogica e un’ala “neoliberista”. Il vecchio Constantinos Mitsotakis era lo storico leader di quest’ultima, mentre Constantinos Karamanlis, lo zio dell’attuale primo ministro, era il leader della corrente populista. Questa divisione è sempre stata presente dentro il partitio, ma di recente si era in qualche modo ricomposta. Ora sta ritornando via via che il partito è sottoposto alla pressione dell’attuale situazione. Se Karamanlis venisse rimosso ciò provocherebbe uno scontro aperto nel partito, in quanto ci sono numerosi aspiranti candidati per la posizione di segretario del partito. Nd potrebbe anche scinidersi, tali sono le pressioni che sta subendo.

Questi conflitti in seno a Nd riflettono le divisioni che si sono aperte nella classe dominante greca, una classe che ha perso fiducia e sembra solo capace di pensare a breve termine, accontendandosi dell’uso della brutalità poliziesca per schiacciare il movimento. Sono in un vero dilemma e si stanno presentando divisi e senza un governo stabile contro questo poderoso movimento giovanile.

Pessimismo della borghesia

Infatti tutta la situazione sta provocando un sentimento di profondo pessimismo nella borghesia. Un articolo interessante è apparso nel giornale greco Kathimerini il 12 dicembre, sotto il titolo La scelta dell’Europa. Non è una lettura molto confortante per la borghesia europea.

«Oggi, nei tumulti di Atene, l’Europa vede l’incubo che sarà il suo futuro se i suoi politici e i suoi intellettuali non ne progettano uno migliore. Non stiamo più chiedendoci se gli irlandesi ratificheranno il Trattato di Lisbona o se i britannici entreranno nella moneta unica. La questione è se le società dei Paesi membri esploderanno o no.

A dispetto del fatto che nella maggior parte degli altri Paesi Ue le istituzioni che si occuperanno delle conseguenze sociali della recessioni siano più sviluppate che in Grecia, le radici dei problemi sono comuni e solo la tempistica dell’eruzione in ogni Paese sarà differente.

In Grecia, le istituzioni sono state fatalmente compromesse agli occhi della gente dalla loro cronica incompetenza e da un clima generale di corruzione e maneggi politici. Altri Paesi possono aver bisogno di un po’ di tempo per raggiungere lo stesso livello di disprezzo dell’autorità, ma nella misura in cui la crisi economica si trascina avanti e la povertà si diffonde, ecco che anche le società più sviluppate faranno fatica a gestire i bisogni dei propri cittadini. A quel punto, in quei Paesi le cose potrebbero mettersi anche peggio che in Grecia. [...]

Quando l’economia peggiora, vedremo la ribellione dei giovani contagiare i lavoratori, i disoccupati, gli immigrati. Fino ad allora, è più probabile che vedremo una sollevazione popolare più generalizzata in un altro Paese piuttosto che in Grecia. Ciò che compromette e minaccia l’Europa è che molti giovani credono che il loro futuro sarà peggiore del loro presente, mentre i loro genitori si preoccupano del posto di lavoro, della pensione, della salute e dell’assistenza sanitaria. Stiamo scivolando in una recessione in un momento in cui tutti i nostri modelli economici e lo stesso sistema finanziario globale sono screditati.»

Altri commentatori hanno segnalato chiaramente che quanto sta avvenendo in Grecia è il risultato delle condizioni che esistono in tutta Europa e hanno anche indicato quail Paesi sono i prossimi della lista per delle rivolte analoghe, puntando il dito sulla Spagna e sull’Italia in particolare. In verità ogni paese d’Europa potrebbe esplodere in modo simile.

Quando il leader del partito Laos in Grecia hanno evocato il fantasma di un Maggio ’68 in Grecia, si sbagliava. Non sarà un Maggio greco, sarà un Maggio paneuropeo: questa è la vera prospettiva che la borghesia europea ha davanti.

Fermento rivoluzionario

Gli ultimi 20 anni in Grecia sono stati di fatto preparatori a una situazione tipo Maggio ’68. Ci sono stati cinque grossi movimenti studenteschi: nel 1987, nel 1990-’91, nel 1998, nel 2003 e le recenti proteste del 2006 e 2007. Il movimento odierno, tuttavia, è molto differente in quanto la massa degli studenti hanno rivolto la propria rabbia direttamente contro lo Stato borghese. Abbiamo già descritto i recenti attacchi da parte degli studenti di liceo contro le stazioni di polizia in tutto il Paese: questo mostra come gli studenti non vedano il nemico in questo o quel poliziotto ma nell’intero corpo delle forze di polizia e nello Stato che esse difendono.

La cosa più significativa è la totale mancanza di paura da parte degli studenti. Abbiamo visto studenti disposti a fare qualsiasi sacrificio necessario per sconfiggere le forze statali: questo è un sintomo di fermento rivoluzionario. Non è solo un’altra protesta come tante, come qualcuno vorrebbe farci credere. Complessivamente sono state occuapate 600 scuole e 160 facoltà. Giorno dopo giorno ci sono stati cortei e manifestazioni. Il 18 dicembre c’era un corteo di 40mila persone ad Atene che ha messo insieme studenti, insegnanti e disoccupati; altri cortei e manifestazioni sono stati indetti per Capodanno.

In questa situazione il sindaco di Atene ha cercato di usare lo “spirito natalizio” per fare appello agli studenti affinché terminassero il loro movimento e la loro lotta. In piazza Syntagma, che era stata teatro di alcuni dei peggiori casi di violenza, gli altoparlanti riempivano l’aria di canti natalizi. L’albero di Natale nel centro della piazza è stato bruciato durante gli scontri con la polizia; uno nuovo è stato collocato al suo posto, ma è stato necessario fornire ad esso una “protezione di polizia” disponendogli attorno un cordone di agenti. Alla faccia dello “spirito natalizio”!

Il ruolo dei dirigenti di sinistra

Considerato tutto questo, qual è il ruolo dei vari partiti di sinistra e delle loro organizzazioni giovanili? Tradizionalmente il movimento studentesco ufficiale ad Atene è sempre stato sotto l’egemonia della Kne, la Gioventù Comunista Greca. Ora nuovi coordinamenti studenteschi sono stati messi in piedi e i leader della Kne sono stati completamente scavalcati, per via dei metodi burocratici che avevano adottato in passato. Due nuovi coordinamenti sono stati formati: il Coordinamento delle Scuole Occupate e il più grande Coordinamento “Alexandros Grigoropoulos” delle Scuole Atenesi. Così la leadership della Kne ha perso il controllo sul movimento, un prezzo che hanno dovuto pagare per la loro incapacità nell’offrire al movimento una prospettiva concreta per dare uno sbocco al movimento.

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 Manifestazione ad Atene il 18 dicembre 2008
(foto di solidnet_photos su flickr)

Il movimento studentesco ha guadagnato un sostegno diffuso tra la classe operaia. Lo sciopero generale del 10 dicembre è partito col carattere di una protesta contro la polizia. Purtroppo i dirigenti della Gsee, allineati in gran parte con la direzione del Pasok, non hanno una strategia per sviluppare il movimento e quindi stanno lasciando gli studenti a combattere da soli. Nonostante questa condotta dei dirigenti sindacali, sta crescendo una pressione dalla base sia della Gsee sia dell’altra confederazione Adedy in favore dell’indizione di un altro sciopero generale.

Panagopoulos, il presidente della Paske, sta resistendo all’idea di un nuovo sciopero generale. La frazione di Nuova Democrazia nella Gsee, la Dake, si è accodata ai dirigenti della Paske, aggiungendo la sua voce all’opposizione contro qualsiasi altra azione di sciopero. Questo significa che sebbene la pressione dal basso per un nuovo sciopero generale sia molto grande, la direzione tenta di frenarla. Non viene posta alcuna rivendicazione concreta né un programma; c’è quindi un forte elemento di spontaneismo in tutta la situazione.

In questo contesto una minoranza di anarchici e di estremisti di sinistra vengono lasciati a dirigere le danze. Questo riflette la crisi dei partiti riformisti ufficiali e la loro mancanza di autorità tra i giovani in questo momento.

Il Partito Comunista Greco (Kke)

I leader del Kke (Partito Comunista Greco) potrebbero potenzialmente giocare un ruolo importante in tutto questo. Invece, cosa fanno? Si rifiutano addirittura di riconoscere che ci sia un movimento! Dicono che è soltanto un “clima di protesta” di natura piccoloborghese. In questo modo abdicano al ruolo di direzione.

Alcuni anni fa il Partito Comunista Greco si è scisso, e da quella scissione è emerso il partito Synaspismos. Questo partito ha promosso un fronte elettorale, invitando altri gruppi di sinistra ad unirsi, portando alla formazione di Syriza. I leader di Synaspismos hanno appoggiato il movimento giovanile pressoché acriticamente. Questo ha suscitato critiche severe da parte dei dirigenti del Kke, che cercano di dipingersi come un partito che rispetta la legge e l’ordine. Così i due partiti che sono visti come eredi della tradizione comunista in Grecia sono apertamente divisi sull’atteggiamento da tenere verso la rivolta giovanile in corso.

Questo spiega anche perché i leader del Kke stiano cercando di isolare i propri stessi militanti dal movimento più ampio. Come lo fanno? Invece di cercare di costruire fronti larghi coinvolgendo l’insieme della sinistra e dei sindacati, preferiscono convocare cortei separati e chiusi del Kke. Quando ci sono manifestazioni sindacali, la loro frazione nella Gsee, la Pame, organizza concentramenti separati e marcia separatamente dal resto del movimento operaio greco.

Questo comportamento può essere spiegato col fatto che i leader del Kke non hanno vere proposte concrete da fare al movimento. Per esempio, non rivendicano neppure la caduta del governo di Nd! Mentre chiunque altro a sinistra sta puntando alla fine di questo governo, i dirigenti del Kke pongono la questione di chi sostituirebbe il governo: siccome l’unica alternativa coinvolgerebbe il Pasok, dicono che non farebbe alcuna differenza e di conseguenza devono aspettare finché il Kke non si è rafforzato e possa a quel punto essere costruito un qualche tipo di “Fronte Popolare”.

Ecco spiegato perché minimizzano l’importanza del movimento, descrivendolo come un movimento di piccolo-borghesi. Questo è il loro alibi per non partecipare al movimento e usare tutte le loro forze per dividerlo. Spostano tutta l’attenzione sulle prossime elezioni politiche, invece di cercare di costruire oggi un movimento per rovesciare il governo di Nd.

Due giorni dopo l’uccisione del giovane studente, Karamanlis ha invitato tutti i leader politici a degli incontri. Questo era un tentativo di mostrare che il governo non era isolato. Incredibilmente la leader del Kke, Papariga, si è recata all’abitazione del primo ministro per discutere; dopo l’incontro, lasciando la casa, Papariga ha rilasciato una dichiarazione che diceva in sostanza che Syriza stava collaborando con gli anarchici. Il suo comportamento non è stato mandato giù bene dai giovani: ha rifiutato il dialogo con gli altri leader della sinistra, ma è stata disposta a parlare con Karamanlis!

La mancanza di prospettiva e di programma sta spingendo la direzione del Kke a chiudere i militanti del partito in una specie di ghetto stalinista. Il partito è ora in un periodo precongressuale, il suo prossimo congresso sarà nel febbraio 2009. I dirigenti del partito stanno cercando di resuscitare lo stalinismo, con tutti i suoi inganni incluso il sostegno ai Processi di Mosca, come linea ufficiale del partito. Essendo incapaci di offrire un genuino approccio marxista, cercano di nascondersi dietro l’immagine di Stalin.

La posizione dei dirigenti è che “quelli che attaccano Stalin attaccano il socialismo”. Questo però sta provocando delle critiche interne, poiché un settore del partito cerca di resistere a questa linea retrograda. Un dirigente, candidato parlamentare Kke alle ultime elezioni, ha prodotto una documento d’opposizione e questo ha aperto una discussione dentro il partito. Nell’ultimo anno un’opposizione si è sviluppata anche nel fronte studentesco della Gioventù Comunista (Kne), il che ha portato a molte espulsioni, tra cui quelle di note figure dirigenti della Kne.

Questa crescente opposizione interna non è sorprendente: nella misura in cui i giovani si mobilitano in modo così forte in tutto il Paese e dirigono la loro protesta contro il governo Nd, i leader della Kne sono visti adottare una linea che di fatto è filogovernativa visto che si rifiutano di rivendicare la caduta del governo.

Così, invece di aprirsi al movimento, i leader di Kke e Kne sono diventati ancora più settari e cercano di dare ordini alle masse. Intervengono nel movimento denunciando come “anticomunista” chiunque non accetti la linea politica del partito. Hanno aumentato i loro attacchi contro Syriza, con l’assurda speranza che questo abbia un effetto vantaggioso per loro.

Il problema è che i militanti del Kke e del Kne vivono nel mondo esterno, sono in contatto col movimento e cercano istintivamente l’unità con Syriza. Una situazione di questo genere sta aprendo divisioni nel Kke. Lettere che esprimono opposizione alla tattica settaria della dirigenza del Kke stanno continuando regolarmente ad apparire sul sito web del partito, il che dovrebbe indicare che l’opposizione è più grande di quanto ai leader piaccia ammettere. Si sta preparando il terreno per una crisi nel partito via via che la linea della dirigenza entra sempre più in conflitto con le esigenze della base. Se il Kke nel suo prossimo congresso rifiutasse lo stalinismo e adottasse delle vere idee marxiste, sarebbe in grado di giocare un ruolo chiave nel movimento. D’altro canto, se insisterà lungo il vicolo cieco del puro stalinismo entrerà in  un periodo di crisi e di convulsioni interne. L’unica direzione in cui la base si può muovere in una situazione simile è verso le idee del vero marxismo.

Pressioni su Synaspismos/Syriza

Nel frattempo i dirigenti di Syriza, come abbiamo visto, stanno cercando di capitalizzare politicamente il movimento, sostenendolo e descrivendolo come una “rivolta giovanile”. Però, nel fare questo non forniscono alcuna prospettiva e agli occhi dei lavoratori e dei giovani risultano incapaci di distinguersi dagli anarchici.

Ciò sta creando una situazione paradossale dentro Synaspismos, il principale componente e promotore di Syriza. La sinistra di Synaspismos sta adottando slogan e metodi di sinistra. Per esempio, la Gioventù di Synaspismos ha adottato gli slogan degli anarchici; ma l’ala destra di Synaspismos ha condannato apertamente la “violenza” del movimento: ciò non avviene a caso, visto che la destra sta sperando di formare un governo con il Pasok.

Una possibilità del genere non è esclusa e Synaspismos potrebbe ritrovarsi al governo col Pasok. Un governo del genere avrebbe un carattere riformista e i leader di Syriza sarebbero chiamati a giocare il ruolo di copertura a sinistra dei lader del Pasok. Questo creerebbe inevitabilmente tensioni nei ranghi di Syriza. L’organizzazione giovanile di Synaspismos è cresciuta e anche il partito è cresciuto nel sindacato, in parte per via del settarismo del Kke, e questo nuovo settore non vede favorevolmente l’idea di fornire una copertura ai dirigenti del Pasok. Di conseguenza un governo Pasok-Syriza ad un certo punto condurrebbe ad una crisi interna a Synaspismos.

Frattanto, i dirigenti del Pasok non stanno offrendo molto ai lavoratori e ai giovani, dichiarando ufficialmente che non sostengono il movimento. Hanno fatto in effetti appello ai liceali affinché non occupino le scuole. Su questo sono d’accordo sia la destra sia la sinistra del Pasok. Questa posizione dei dirigenti del Pasok è chiaramente in contraddizione diretta con lo stato d’animo e le aspirazioni dei lavoratori che lo voteranno alle prossime elezioni generali.

E adesso?

Come evolverà, dunque, la situazione nel prossimo periodo? C’è una grande probabilità che l’attuale governo cada nel giro delle prossime settimane o mesi. Le dichiarazioni dell’associazione padronale, la Sev, indicano chiaramente che non hanno fiducia in questo governo. Il loro problema, come abbiamo visto, è che non hanno una chiara alternativa da proporre al suo posto.

I sondaggi d’opinione rivelano che nelle prossime elezioni il voto combinato di Kke, Syriza e Pasok starebbe tra il 60 e il 65%. Questa è una chiara svolta a sinistra nella società greca. Il problema per la borghesia è che il Pasok da solo non otterrebbe una maggioranza. Ci si aspetta che prenda circa il 38,5%, cosa che gli darebbe solo 142 seggi su 300 in parlamento. La borghesia preferirebbe di gran lunga avere i dirigenti del Pasok da soli, naturalmente, ma l’elettorato potrebbe non soddisfare i suoi desideri.

L’altra opzione è un governo Pasok-Syriza, ma la borghesia preferirebbe evitarlo in quanto lo vede un governo come un governo di paralisi, dove ci sarebbero compromessi continui per tener buona la sinistra attorno a Syriza. Quello di cui hanno bisogno i capitalisti è un “governo forte” che possa affrontare i lavoratori e i giovani. Che riescano ad ottenere un governo del genere è tutta un’altra questione.

Il problema sta nella direzione dei vari partiti di sinistra. I leader del Pasok stanno parlando di un “nuovo contratto sociale” per affrontare la crisi economica. George Papandreu sta promettendo più sovvenzioni a banche e imprese, più soldi dello Stato per aiutare i padroni. Combina queste promesse con un po’ di demagogica fraseologia di sinistra: per esempio, all’inizio di dicembre diceva che “i padroni devono pagare”. Purtroppo le uniche effettive proposte concrete hanno preso la forma di aiuti economici per i padroni e nulla per i lavoratori.

Gli ultimi sondaggi danno il Pasok (al 38,5%) in vantaggio su Nd di 5 punti percentuali. Questo dimostra che uno strato della classe lavoratrice si sta rivolgendo al Pasok sul fronte elettorale come un mezzo per rimuovere Nd dal governo. Syriza sta al 12% nei sondaggi, mentre il Kke è attorno all’8%. Nelle precedenti elezioni il Kke aveva preso l’8,3% e Syriza il 5,4%. All’inizio del 2008 Syriza otteneva il 18% circa nei sondaggi, ma, quando i suoi leader hanno iniziato a dire chiaramente che avrebbero voluto formare un qualche tipo di alleanza con il Pasok sulla base di un programma che fondamentalmente differisce ben poco da quello del Pasok, hanno perso una parte degli appoggi che avevano raccolto. Questo ha indotto Syriza ad essere vista ultimamente sempre più come una versione leggermente più a sinistra del Pasok. In queste circostanze si può capire perché alcuni lavoratori voterebbero più volentieri per il Pasok che per una forza più piccola come Syriza. L’unico modo in cui Syriza può fare dei progressi significativi in questa situazione sarebbe sviluppando un’autentico programma socialista alternativo a quello del Pasok.

Intanto, i bossi stanno preparandosi a scaricare Karamanlis in un tentativo di “ripulire” l’immagine di Nd. Vogliono mostrare una “faccia presentabile” del partito allo scopo di assemblare un governo Pasok-Nd. Papandreu ha di recente rilasciato dichiarazioni di rifiuto di una simile prospettiva, qualcosa su cui non si trova d’accordo Simitis dell’ala più apertamente moderata del partito. Nell’ambiente che c’è oggi i lavoratori che votano per il Pasok non lo fanno per rivedere l’odiata Nd ancora al governo! Quel che faranno i dirigenti del Pasok dopo le elezioni è un’altra questione. Indiscrezioni dicono che Papandreu è costretto a prendere una posizione ferma su questa faccenda per via del radicalismo che permea la società in questo momento, ma che dopo le prossime elezioni potrebbe muoversi nella direzione di accettare una grande coalizione.

Sembra sempre più probabile che vengano convocate elezioni anticipate in primavera e quello che è chiaro è che il Pasok guadagnerà posizioni, e lo faranno anche, alla sua sinistra, Syriza e il Kke. Ai partiti di sinistra sarà così dato il compito di affrontare la seria crisi che affligge la società greca. I dirigenti del Pasok vedono solo soluzioni che soddisfino le esigenze dei padroni. Alla loro sinistra, i dirigenti di Syriza e del Kke non offrono una vera alternativa. Eppure c’è un massiccio slittamento a sinistra che sta avendo luogo nella società greca; sarebbe difficile trovare contraddizione più lampante tra la disponibilità a lottare dei lavoratori e della gioventù e la mancanza di spirito combattivo dei loro leader.

Questo significa che i lavoratori e i giovani della Grecia dovranno passare attraverso la dolorosa esperienza di vedere questi leader governare, in un modo o in un altro, e da quell’esperienza cominceranno a trarre la conclusione che sotto il capitalismo non ci sono soluzioni e che quello di cui c’è bisogno è la rimozione tout court del sistema che ha provocato questa crisi. Cioè quello che i marxisti greci stanno spiegando pazientemente nel movimento.

I marxisti greci di Marxistiki Foni combattono il settarismo dei dirigenti del Kke e fanno appello affinché formino un fronte unico con Syriza. Un fronte unico Kke-Syriza partirebbe da una base di appoggio elettorale del 20%. Di recente Syriza ha mostrato di avere un grande potenziale nella società e così un fronte Kke-Syriza potrebbe addirittura diventare la principale forza politica a sinistra. Se i due partiti stessero insieme sulla base di un autentico programma socialista, potrebbero rivolgersi ai lavoratori che votano Pasok e che sono nel Pasok da una posizione di forza, chiedendo di rifiutare le politiche di Papandreu e di costruire l’unità della sinistra su un programma di lotta veramente combattivo. Questa è l’applicazione autentica dell’idea di Lenin della tattica di fronte unico. Bisogna però lottare per metterla in pratica nelle file sia del Kke che di Syriza e questa è l’unica via per realizzarla.

12 gennaio 2009

Source: FalceMartello