La lotta in Valsusa: Fermare l'Italia per fermare la Tav!

La lotta della Valsusa è piombata al centro del dibattito politico nazionale. La polizia ha spezzato il presidio della popolazione della valle per mezzo di una repressione brutale nei confronti di donne, giovani e vecchi. Ma la mobilitazione dei lavoratori e della popolazione della Valsusa non si ferma: in una lotta da cui dipende il loro futuro, hanno compreso a caro prezzo il carattere repressivo dello Stato borghese e, nonostante ciò, sono determinati ad andare fino in fondo.

La lotta della Valsusa è piombata al centro del dibattito politico nazionale. La polizia ha spezzato il presidio della popolazione della valle per mezzo di una repressione brutale nei confronti di donne, giovani e vecchi. L’arroganza del potere arriva al punto di affermare, come fa il ministro dell’Interno Pisanu, che “non c’è stata nessuna carica”. Ma la mobilitazione dei lavoratori e della popolazione della Valsusa non si ferma: in una lotta da cui dipende il loro futuro, hanno compreso a caro prezzo il carattere repressivo dello Stato borghese, a difesa del profitto e, nonostante ciò, sono determinati ad andare fino in fondo.

Cos’è la TAV?

La storia che voglio raccontarvi parla di grandi capitali e di piccoli uomini, di treni che correranno vuoti a 300 km/h dentro a gallerie scavate nell’uranio, di società private costituite con il denaro pubblico, piramidi di Cheope fatte di smarino e grattacieli di fibre d’amianto, di cittadini che difendono i propri diritti additati come canaglie e di canaglie senza scrupoli che si fingevano persone attente all’ambiente e ai diritti dei propri cittadini, di sindaci bastonati dalla polizia in una Valle decisa a resistere all’ennesimo stupro del proprio territorio, di come un grande investimento non produrrà altro che impoverimento, di quando le parole degli esperti vengono trasformate in sussurri ed il biascicare incompetente dei politici assurge a realtà incontrovertibile.” (Marco Cedolin, “Incubo TAV”). L’alta velocità ferroviaria è l’autentica modernità. E’ l’ultima frontiera di quel sistema economico marcio, inutile e dannoso che tutti quanti conosciamo sotto il nome di capitalismo. E’ un’opera faraonica, costosissima, distruttrice dell’ambiente e che non serve a nulla. Anzi, a qualcosa serve: ad ingrossare le tasche di un gruzzolo di padroni sulle spalle di tutti quanti, a cominciare dagli abitanti della Valsusa.

La TAV s.p.a. nasce nel ’91 e ha come compito la costruzione di almeno 900 km di linee ferroviarie per i treni ad alta velocità. Nel corso degli anni diventa la gallina dalle uova d’oro. Vede sorgere al proprio fianco una miriade di società di intermediazione, centri studio, società di progettazione. Gruppi politici e criminalità organizzata concentrano su di essa i propri interessi. Si dota inoltre di geniali forme di finanziamento e gestione. I privati (Fiat, Impregilo, CMC, e altri) che controllano l’opera sono detti “general contractors”. Ovvero? “(i General Contractor) sono concessionari con l’esclusione della gestione, hanno cioè tutti i poteri del committente pubblico nella gestione dei subappalti, nella direzione dei lavori, negli espropri, ma non hanno poi la gestione diretta dell’opera, (caso unico in Europa) per cui il loro solo interesse, essendo disancorati dalla successiva gestione, sarà quello di fare durare i lavori il più a lungo possibile al fine di fare levitare al massimo la spesa.” (ibidem). I costi, previsti nel ’91 intorno ai 26 mila miliardi di lire, si stima potrebbero raggiungere gli 80 miliardi di euro. E chi paga il tutto? Per il 40% lo Stato, ovvero le tasse di tutti noi lavoratori. Il restante 60% dovrebbero coprirlo i privati: ma non sarà così. I soldi saranno dei privati, almeno in parte, ma i loro interessi e la loro restituzione saranno garantiti integralmente dallo Stato (dal Tesoro). Dunque tutti quanti, e con noi le prossime generazioni, pagheremo in toto questa colossale e inutile opera. Tutti quei fondi non verrano mai utilizzati per costruire ospedali, o scuole, o biblioteche: verranno semplicemente rubati alla classe lavoratrice di questo Paese. Solo questo motivo spiega come la lotta dei valsusini riguarda tutti i lavoratori italiani. L’alta velocità ferroviaria è una vera rapina a mano armata, condotta da banditi peggiori di qualsiasi delinquente da cronaca nera, ma definiti imprenditori dall’autorevole stampa liberale. Le armi e la violenza provengono invece da quello che generalmente chiamano lo Stato democratico.

I benefici della TAV

Secondo uno studio indipendente condotto da esperti dalla società Polinomia di Milano, l’alta velocità tra Torino e Lione sposterà su rotaia ben l’uno per cento del traffico merci. Un dato equivalente proviene anche da altre fonti. L’attuale linea ferroviaria è sottoutilizzata; lo stesso discorso vale per gli altri valici alpini presenti nella regione. Oltre alla linea ferroviaria a doppio binario, la Valsusa è già stata devastata con un’autostrada, due statali, un elettrodotto. In mezzo dovrebbe scorrere anche un fiume… I lavori per la TAV dovrebbero durare quindici anni, durante i quali la vita dei valsusini sarebbe resa impossibile da un continuo movimento di camion, da scavi, perforazioni, senza alcunché in cambio. I disagi giungerebbero anche alle popolazione della cintura ovest di Torino. Inoltre, i rischi per la salute saranno altissimi. Una relazione, non la sola, sulle ricerche di Amianto nella Bassa Val di Susa curata dall'Università di Siena nel 2003, segnalava la presenza di amianto all’interno di una delle montagne oggetto del traforo. All’interno delle stesse montagne è presente uranio in quantità preoccupante (fra le altre, una relazione dei medici di base della Valsusa del 2004). Pare che anche diversi tecnici e operai, rilevando questi rischi, abbiano rifiutato la prosecuzione di alcuni scavi. Come è facile intuire, sprigionare nell’ambiente tali sostanze avrà effetti terribili sulla popolazione. I venti che spesso soffiano nella valle potrebbero condurre questi veleni sino a Torino. Quando (o meglio se) i lavori inizieranno realmente, i lavoratori saranno in gran parte immigrati iper sfruttati e sotto pagati, spesso reclutati all’alba nei marciapiedi di Torino ed impiegati in nero. Qualcosa di simile già sta accadendo nei lavori per l’alta velocità tra Torino e Milano: in due anni sono già cinque i morti sul lavoro, innumerevoli gli incidenti.

La lotta di un popolo…

Di fronte a tali e tanti benefici che farebbero la gioia di chiunque, c’è stranamente un popolo che da quindici anni, tra i normali alti e bassi, con forza e caparbietà si oppone. La determinazione della popolazione valsusina rinnova e rende omaggio alle tradizioni di lotta di questa terra, dove la Resistenza partigiana scrisse alcune delle sue pagine più gloriose. Lavoratori, studenti, anziani, intere famiglie sono scese in strada soprattutto negli ultimi mesi, con l’intenzione di bloccare l’inizio dei lavori e soprattutto di rivendicare il diritto a disporre della propria terra e del proprio futuro. I temi della lotta si sono progressivamente allargati, spostandosi dall’ambito puramente ambientale a considerazioni su chi decide del destino di migliaia di persone. E soprattutto in base a quali precisi interessi. Nel corso del 2005, in giugno, abbiamo visto una prima, grossa manifestazione risalire i tornanti della valle. In seguito si è formato un presidio permanente a Venaus, luogo designato per i primi cosiddetti sondaggi esplorativi (in realtà lo scavo di autentiche gallerie di servizio lunghe chilometri). L’invio da parte del governo di centinaia di celerini con conseguente militarizzazione della valle ha condotto a scontri avvenuti il 31 ottobre e nei giorni seguenti, con conseguenti blocchi stradali e ferroviari. Blocchi spontanei si sono verificati nelle fabbriche della valle. Il 16 novembre uno sciopero generale della valle ha visto migliaia di lavoratori e studenti urlare ancora una volta il proprio no al profitto di pochi sulla pelle di molti. Le manifestazioni, le assemblee (molto partecipate), gli scioperi sono proseguiti nelle ultime due settimane. Fino alla notte tra il 5 e il 6 dicembre.

…e la reazione di uno Stato.

Hanno iniziato svegliando con calci, pugni e manganellate chi dormiva nelle tende accampate vicino al presidio, poi hanno lanciato le ruspe contro le barricate di legna sulla strada e contro le donne e gli uomini che vi stazionavano, hanno pestato con violenza e assediato tutti coloro che si trovavano vicino alla baracca del presidio. Infine al grido "vi massacriamo" e a suon di manganelli hanno sospinto la gente verso il paese. Contemporaneamente chi cercava di salire per raggiungere il presidio è stato violentemente caricato, mentre tutti gli accessi a Venaus sono stati bloccati, perfino alle stesse autoambulanze.Dalle quattro di stanotte l’occupazione militare della Valle di Susa è diventata guerra aperta a tutto il popolo della Valle, provocando decine di feriti -anche tra i giornalisti- e strappando le fasce tricolori ai sindaci. La democrazia è morta.” (Comunicato dei Cobas, 6/12/2005).

Sono stato testimone della irruzione della polizia a Venaus. La violenza e la gratuità con cui i poliziotti hanno colpito le persone presenti, di ogni età, non era semplicemente l’istinto che si scatena nel “branco” attraverso la eccitazione reciproca nel gusto di colpire. Lo scoordinamento delle azioni dei singoli poliziotti mi pare spiegabile solo con la assunzione di sostanze
che alterano pesantemente il comportamento, forse assunte per migliorare lo stato di veglia.
In questo quadro il gravissimo comportamento del vicequestore che avrebbe urlato “uccideteli, uccideteli” dalla ruspa in cui comandava l’operazione mi è stato riferito, un quarto d’ora dopo, da due testimoni che lo avevano visto rispettivamente da davanti e da lato, con particolari
diversi, derivanti dalla loro diversa posizione.
” (Mario Cavargna, Presidente di Pro Natura Val Susa).

Lo Stato borghese si presenta al presidio di Venaus mostrando il suo autentico volto di organizzazione armata in difesa del profitto. Una ventina di persone rimane ferita e viene condotta in ospedale. Una ruspa devasta le strutture del presidio. Nel corso della mattinata, tramite il passaparola e in modo spontaneo, si organizza la risposta popolare. Le fabbriche si bloccano e gli operai scendono in strada. Lo stesso avviene nelle scuole. Vengono bloccate tutte le vie di comunicazione da e per la Valsusa. I manifestanti costruiscono barricate. Ci sono due nuovi tentativi di carica da parte della polizia, uno ancora a Venaus, l’altro a Bussoleno, senza esito. Poi le forze dell’ordine sono costrette ad arretrare e ad assistere senza intervenire alla più che giustificata rabbia popolare. Si fermano anche alcune fabbriche a Torino e nell’hinterland. Nel pomeriggio scendono in sciopero in solidarietà con la Valsusa anche la Powertrain Technology, le ex Meccaniche della Fiat di Mirafiori, la Valeo e le Carrozzerie Bertone. Si forma un presidio a Torino sotto la sede della Regione, poi un corteo che occupa temporaneamente la stazione di Porta Nuova. In serata un nuovo corteo attraversa la città. Presidi si svolgono in numerose città italiane.

Nel tardo pomeriggio, un’affollata assemblea in Valsusa delinea i prossimi passi. Si prevedono nuove manifestazioni domattina dalle prime ore dell’alba, con sciopero dei lavoratori e cortei studenteschi. Si organizza un corteo giovedì mattina con tentativo di rioccupare il sito di Venaus. Un’altra manifestazione è prevista per il 13 dicembre a Torino, nei pressi del palazzo della regione, mentre i consiglieri discuteranno dell’alta velocità. Soprattutto si invita la popolazione a partecipare al corteo, già in programma, di sabato 17 dicembre, a Torino, per allargare la lotta anche alla città.

Il muro di gomma del potere

Vivo apprezzamento per la grande professionalità e lo spirito di sacrificio che stanno dimostrando sia nel ripristinare le condizioni indispensabili di legalità nel cantiere Tav sia nel garantire l'ordine pubblico”(Beppe Pisanu, ministro degli interni, sulle forze di polizia)

Il governo Berlusconi svela una volta di più, se ancora ve ne fosse bisogno, la sua natura antipopolare. Gli interessi economici riguardanti il progetto TAV sono troppi e troppo ingenti per correre il rischio di non concretizzarli. Sin qui, normale amministrazione degli interessi della classe borghese.

Ma anche le dichiarazioni di Mercedes Bresso, presidente della Regione Piemonte, riguardo alla repressione poliziesca non possono che indignare: “Mi spiace, ne sono ovviamente preoccupata, ma non si poteva fare altrimenti. Al punto in cui si era arrivati, era inevitabile che accadesse, non c’era altra soluzione”.

Tutti i maggiori partiti dell’Unione si sono schierati a favore del progetto: “(la TAV) è un impegno preso che bisogna mantenere altrimenti l'Italia sarà tagliata fuori dai grandi traffici” (Rutelli, 6/12/2005). Oppure che il possibile futuro premier Prodi mai abbia sollevato dubbi sul progetto, memore di quando, attraverso la società Nomisma, riceveva parcelle miliardarie per consulenze sull’alta velocità ferroviaria. Il principale partito di sinistra, i Democratici di Sinistra, è schierato a favore della realizzazione dell’opera.

I vertici delle giunte locali di Regione, Provincia e Comune, tutte di centro sinistra, appoggiano da tempo apertamente la TAV. Ecco quanto sostiene Mercedes Bresso, presidente diessina della Regione: “I partiti del centrosinistra, a livello locale e nazionale, hanno accettato la Torino-Lione, come opera strategica. Faceva parte del mio programma elettorale e farà parte del programma nazionale di Prodi” (La Repubblica, 2 novembre 2005). Fra i partecipanti di queste giunte (tranne il Comune, per ora) c’è anche il PRC, contrario da tempo alla costruzione della TAV. A quanto pare, la partecipazione del partito a queste giunte di collaborazione di classe non ha spostato granché a sinistra la loro azione politica. Ha invece disorientato i militanti e reso necessariamente meno credibile l’eccezionale sforzo che molti compagni del partito, in particolare nei circoli della valle, hanno fatto e stanno facendo per far avanzare la lotta.

Non è migliore la posizione della CGIL, i cui vertici non hanno alcuna critica da rivolgere alla linea veloce Torino-Lione. Le RSU delle fabbriche valsusine invece, insieme alla FIOM provinciale ed ai sindacati di base, appoggiano e guidano la protesta. Dalla base dei lavoratori arriva ancora una volta la risposta adeguata ad una guida sindacale inadeguata.

Questo reazionario e corrotto governo poteva già da tempo essere abbattuto con la protesta popolare di piazza. Le manifestazioni popolari in Valsusa e in tutta Italia tenute il 6 dicembre lo dimostrano ancora una volta. Urlare da parte di tanti leaders dell’Unione, ai quattro venti la propria indignazione per le cariche della polizia, ma non dare alcuna risposta concreta alla popolazione in lotta, rappresenta una delle numerose contraddizioni che si poseranno sul capo del futuro governo di centro sinistra. O stai con i padroni e gli speculatori, o stai con gli operai in lotta.

Oggi il progetto della Torino-Lione si può fermare, ma solo con la mobilitazione della classe lavoratrice. Il movimento spontaneo che abbiamo visto ieri in molte fabbriche torinesi deve essere organizzato e generalizzato. La direzione sindacale non può solo fornire la loro solidarietà formale ai manifestanti, ma convocare uno sciopero generale di tutte le categorie, che fermi tutto il Piemonte e poi, se necessario, tutta l’Italia.

Questa lotta fa intravedere quale saranno le tensioni che attraverseranno quotidianamente l’Unione nel prossimo periodo. Dirigenti di base dei Ds (tra cui tanti sindaci della Valsusa), il Prc ed i verdi stanno coi manifestanti, mentre i dirigenti Ds e la Margherita difendono l’Alta velocità. È su queste divisioni che i militanti comunisti devono lavorare per spaccare su linee di classe l’alleanza, se vogliamo che la caduta di Berlusconi porti ad un vero cambiamento per i lavoratori e le loro famiglie, in Valsusa come in tutt’Italia.

7 dicembre 2005

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